Prosegue la nostra Top 20 dei film western. Questa volta vi proponiamo i numeri 11 e 10 della classifica, sforando quindi la metà e iniziando a parlare di pezzi da novanta (non che i precedenti fossero mezze cartucce). Come ribadiamo sempre, non abbiamo la pretesa di aver individuato la classifica per eccellenza, ma intendiamo porvi di fronte ad alcune grandi opere che a nostro avviso meritano di essere scoperte o ri-scoperte.
Adrenalina pura, azione quasi dall’inizio alla fine, pur non mancando momenti introspettivi e riflessioni. Tempo fa ero dell’idea che I magnifici sette (The Magnificent Seven) fosse il western per antonomasia, quello che offre allo spettatore medio non appassionato ciò che si può aspettare da un western; e un po’ lo penso ancora. Un manipolo di impavidi – sette, ovviamente – decide di aiutare un villaggio di contadini in Messico, che subisce le angherie del bandito Calvera (un ottimo Eli Wallach). Nonostante la sproporzione nei numeri, ritengono che si tratti di una causa per la quale valga la pena lottare, al di là della ricompensa promessa.
I sette improvvisati eroi – chi più impavido chi meno, chi più convinto chi meno – sono tutti ben caratterizzati, e questo è senza dubbio un pregio del film: pur facendo dell’azione il perno centrale, non trascura di dare un certo spessore ai personaggi che mette in scena. Abbiamo il beniamino dei bambini del villaggio, che si interessa alla causa della povera gente che sta aiutando; abbiamo il pistolero pentito e tormentato, combattuto tra l’accusa di essere un vigliacco e la paura di rimettersi in gioco; abbiamo l’avventuriero convinto che dietro alle buone azioni del loro leader ci sia un motivo più venale, un qualche tesoro nascosto; abbiamo inoltre chi comincia a pensare che la vita del pistolero avventuriero non sia realmente appagante, non quanto una di sereno e onesto lavoro… Il cast stellare certamente contribuisce a rendere memorabili queste figure; gli attori, alcuni già famosi all’epoca, alcuni che lo diventeranno soprattutto in seguito, sono davvero divertenti da osservare sullo schermo, ciascuno intento a caratterizzare al meglio il proprio personaggio (nonostante gli screzi fuori dal set tra Yul Brynner e Steve McQueen).
Come se questi pregi non fossero già sufficienti, va aggiunta l’intramontabile colonna sonora di Elmer Bernstein – a cui purtroppo sfuggì l’Oscar – resa immortale da questa pellicola e riproposta doverosamente nel remake del 2016. Di premi, a onor del vero, il film ne ha vinti pochi e nessuno di particolare rilievo. Forse si trattava di un prodotto troppo “di massa”, troppo “popolare” per ricevere il plauso della critica ma, in barba ai risultati di allora, la sua fama è giunta più che mai fulgida fino a noi. Uno spettacolo ricco di pathos che può essere gustato con piacere ancora oggi.
Tra i western che possono rientrare in quel meta-genere noto come “film epico”, La conquista del West (How The West Was Won) è senza dubbio uno di quelli su cui ci sono meno dubbi. L’intera pellicola, 164 minuti, è una grandiosa epopea della Storia della frontiera, dagli anni ’30 agli anni ’80 dell’Ottocento. L’opera consta di cinque vicende dirette da registi diversi (il grosso del lavoro lo fece Hathaway), ciascuna focalizzata su uno specifico aspetto della Storia del West: si parte dall’esplorazione delle grandi vie fluviali, passando per la conquista delle pianure e la guerra civile, giungendo all’avvento della ferrovia e al proliferare del banditismo.
A rendere davvero importante e di spessore questo monumentale lavoro cinematografico – oltre ai grandi nomi dietro la macchina da presa – è il cast di stelle che vi recitano: Carroll Baker, Lee J. Cobb, Henry Fonda, Carolyn Jones, Karl Malden, Gregory Peck, George Peppard, Robert Preston, Debbie Reynolds, James Stewart, Eli Wallach, John Wayne, Richard Widmark, Walter Brennan, David Brian, Andy Devine, Raymond Massey, Agnes Moorehead, Harry Morgan… ok, mi fermo. C’è davvero (quasi) tutta la galassia di star hollywoodiane di quegli anni, perlomeno quelle legate al genere western. Imperdibile, quindi, per un appassionato. Ovviamente così tanti grossi calibri non possono trovare ciascuno il giusto spazio in un singolo film, quindi più che a far emergere la loro bravura, una simile compresenza serve più che altro a dare prestigio e a far andare in brodo di giuggiole lo spettatore dell’epoca. A mio avviso, si è comunque trattato di uno sforzo di casting meritevole di lode.
Quanto alla qualità del film, un suo indubbio pregio è la capacità di restare coinvolgente a dispetto della durata, complice la suddivisione in vicende diverse che, pur legate da un filo conduttore, permettono di variare la tematica trattata rendendo meno monotona la narrazione. Per qualcuno, al contrario, la mancanza di un’unica trama sarebbe un elemento debole della pellicola, ma ritengo che non sarebbe stato possibile narrare diversamente una simile epopea.
A ulteriore dimostrazione di quanto i produttori credessero nel progetto, il film fu girato in cinerama, particolarmente dispendioso sia in fase di produzione che di distribuzione; all’epoca fu una delle prime pellicole a servirsi di questa tecnica, che permette di immergere realmente lo spettatore negli sterminati paesaggi della frontiera.
Molto buona anche la colonna sonora che, anche se inizialmente si pensò di affidare a Dimitri Tiomkin, venne infine assegnata ad Alfred Newman, un uomo che comunque sapeva il fatto suo: vincitore di nove Oscar (e candidato a 45), si dimostrò professionale anche in questo caso.
Complice forse un certo smaccato patriottismo, il film si aggiudicò tre premi Oscar, sebbene oggi venga ricordato più dagli amanti del genere che dal pubblico nel suo complesso, che può trovare perfino stucchevole una simile esaltazione dello spirito americano; una visione che, però, tende a non considerare il contesto in cui l’opera venne girata e, azzarderei, a sminuire la Storia stessa, che qui trova una maestosa espressione artistica.
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>>> [Posizioni 9 e 8]
Due pezzi da novanta senza dubbio. Preferisco comunque il superclassico La conquista del West (nel triplo dvd della WB c’è un fantastico special sul cinerama, sistema che al di là della dispendiosità contribuì a dare una bella scossa all’industria cinematografica in crisi per via dell’avvento della televisione), di cui ho amato particolarmente gli episodi firmati da Hathaway (quello con Malden e Stewart) e da Ford (con un indimenticabile George Peppard)
Due calibri grossissimi oggi, due film che non mi stancherò mai di guardare, mi tolgo il cappello (a tesa larga) davanti a questo post! 😉 Cheers