Gaebrey! Stare lì a grattarsi la panza, ma con costanza, e ad aspettare che Mafalda ci porti l‘orzata, questa è l’estate di Elio&family, una non molto simpa famiglia di ebrei italoamericani nella loro villa decadente nei pressi di Crema, “da qualche parte nel nord Italia”. 1983, il padre professore di archeologia ogni estate accoglie uno studente jewish americano a finire la tesi or whatever. Arriva praticamente Capitan America, nella persona di Oliver, grande grosso ciula e balosso. No vabbè, Oliver è un figo, è intelligente, ha delle braghette corte proprio 80s e Elio gli deve cedere la stanza.
Pigri passano i pgiorni (licenza da Eta Beta), Elio (17) e Oliver (24) si incontrano/scontrano. Già s’invola il fiore magro, e già qualcosa nasce, nonostante Elio cerchi nella gonnella della fidanzatina una presunta normalità – Marzia, che tra le altre cose è la figlia piccola di Philippe Garrel – come il figlio di Carrel si chiamava Carrellino, questa si potrebbe definire Garrellina. Quindi c’è poco da fare, lui e lui si baciano, si allontanano e finalmente amplessano nel crescendo finale della permanenza di Oliver in Italia. E meno male che non incrociano un gruppo di naziskin, gay e ebrei, gaebrey! u_u Di Guadagnino non ho altra esperienza, notevoli i vari livelli a comporre il contesto, e più ancora l’atmosfera, in cui si muovono i personaggi: la molle estate caldissima, con le estive passioni più e meno grevi. Tutto è pigro e colorato, e illuminato di luce artificiale a rendere la canicola, per la disperazione, immagino, del direttore thai della fotografia, che nelle settimane di riprese s’è beccato solo pioggia. L’ambientazione è splendidamente anni 80 (e io li odio), la musica e le riviste ai muri, le gambe delle tizie sono nude, loro due sono ancora più nudi! Libri, statue riemergono, fogli scritti, spartiti. Il paradiso di Salvini, insomma. L’Italia di provincia, aristocratica e letterata ma insieme decadente e antica, di cui Elio è il prodotto (lui suona il piano e sa tutto ed è simpa ma un po’ cagacazzi dai), contrapposto al vitalismo (ancora con ‘sta storia?) ammerigano di Big Oliver Jim.
Ora, ammetto: io (pausa carica di conseguenze) devo smettere (…) di vedere i film con i gay e quelli con gli zombie. Non li sopporto più, tutti uguali. Questo per dire che a qualsiasi festival LGBT, al netto della cura del prodotto che qui è notevole, si vedono due/tre film validi tanto quanto. Prendi molla scopri scopa (che grosso modo è come i film sull’amore etero, ma con un sacco di scopri complessi in più), non necessariamente in quest’ordine. Con alcune cadute nel vuoto, tipo la scena di masturbazione con una pesca (scena WTF? del mese, minimo. Io non ho mai pensato di masturbarmi con una pesca, ora mi chiedo se son strano io; comunque, giusto perché lo sappiate, prima va tolto il nocciolo) e il pistolotto finale del padre iperliberale, che sostanzialmente dice ad Elio: no ma sono contento che abbiate bombato, ahò, a me era capitato uguale ma non ho bombato perché avevo paura. Però insomma, tutta roba che stava nel libro da cui si è partiti per la sceneggiatura (c’è un cameo dello scrittore), accreditata soprattutto a James Ivory, il quale invece a quanto pare s’è scansato perché voleva che tutti fossero MOLTO PIU’ NUDI di così, e invece Guadagnino voleva conquistare il mondo e per conquistare il mondo i cazzi in primo piano, no sai, non vanno bene. Giuro è andata così u_u Ti dico anche che il film è passato sui tavoli di Ozpetek e di Muccino, e che i richiami a pezzi di nouvelle vague e un po’ di Bertolucci saltellano agitando le braccia per farsi vedere. Alla luce artificiale di tutto ciò, ti spiace non aver visto gli altri film di Guadagnino? Uhm… Sono giapponese!!!
(Oh, fa anche ridere il titolo: Chiavami col tuo nome, ma questa l’avranno detta tutti)
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Call Me by Your Name (2017, Italia / Francia / Brasile / USA, 132 min)
Regia: Luca Guadagnino
Soggetto: André Aciman, Luca Guadagnino, Walter Fasano
Sceneggiatura: James Ivory
Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom
Musiche: Sufjan Stevens
Interpreti principali: Timothée Chalamet (Elio Perlman), Armie Hammer (Oliver), Michael Stuhlbarg (Sig. Perlman), Amira Casar (Annella Perlman), Esther Garrel (Marzia)
Senza aver visto il film, sospettavo un pistolotto del genere. Mille grazie
Eh, io non lo sospettavo, ma solo perché non sapevo nulla del film
Ho visto una presentazione.
E comunque la tua (mitica) frase su Guadagnino che vuole conquistare il mondo mi ha fatto venire in mente il fatto che il regista ha definito la sua opera “un film per famiglie”.
Va bene tutto, ma io come film per famiglie avevo in mente i vari La fabbrica di cioccolato, Il re Leone, ecc. Non di certo film con sequenze come quella della pesca, che ovviamente è il tentativo di rifare in chiave autoerotica la scena del panetto di burro di Ultimo tango a Parigi…
E che dire: ho apprezzato questa recensione, che non si prende troppo sul serio.
Grazie per la visita da me, così ho scoperto questo blog che finisce dritto nel mio blogroll.
Con la pesca, appena arriva l’estate, dovrò provare. Sicuro mi ci farò una foto simil-Elio, ho ancora due mesi per andare in palestra e dimagrire 🙂
Moz-