PAGELLA
Bianco e nero: ****
Qualità media del maschio adulto: **
Importanza dell’acqua: ****
Ricerca dell’Oscar alla regia: *******
In notevole ritardo sulla tabella di marcia cinematografica, sono andata a vedere Roma di Alfonso Cuarón.
Ora, al di là del fatto che ci ho messo 2 ore di film e un giro su Wikipedia a capire perché il film si intitola Roma (ve la facilito: è il nome del quartiere dove vive la famiglia protagonista), per il resto non staremo a discutere del fatto che ci sono ottime possibilità che Cuarón vinca come Miglior Film, nonché la semi-certezza che vinca come Miglior Film Straniero.
Se vedi Roma, in pratica, stai in realtà seguendo un master in tecnica cinematografica.
C’è tutto: le carrellate sontuose, un bianco e nero tanto bello che ti viene voglia di spalmarci la faccia dentro, delle inquadrature fisse simili ad arazzi. Cuarón perde tempo con momenti che in realtà non portano accadimenti, ma sono carichi di significato: il faticoso parcheggio avanti-retro-avanti-retro nel cortile di casa, l’acqua che sciaborda sul pavimento, abbondante e circolare, la pulizia meticolosa di un miliardo (apparente) di cacche di cane. Lo guardi e ti chiedi “ma che diamine sto guardando?!?” ma l’occhio ne è talmente appagato che non puoi smettere di guardare. Siamo anni luce solo apparentemente da Gravity dove avevamo, come in Roma, momenti lenti e riflessivi, acqua, donne sole che sopravvivono.
La protagonista di Roma è una famiglia medio-alto borghese di Città del Messico. Un marito assente, una moglie un po’ superficiale, un sacco di figli e, soprattutto, lei, Cleo, cuore pulsante di una dimora vasta.
La sfera maschile è descritta in modo bieco e piuttosto negativo: un marito fedifrago, un fidanzato irresponsabile e pochi altri uomini di contorno, dalle rarissime qualità.
Le donne vivono di sorellanza, autonomia, indipendenza innata o trovata nelle intemperie: “Non importa cosa dicano: siamo sole”, dice Sofia a una Cleo incinta e abbandonata. Così, in un film dove sembra di non vedere niente se non le giornate di una domestica al servizio di una famiglia, si vede in realtà la dignità che nasce dall’abbandono, l’autonomia che nasce dalla solitudine e poi la vita, molta vita, che fa sentire la sua presenza anche se è una bambina nata morta.
Cuarón cura il dettaglio, ma non tralascia la visione d’insieme: quella che mostra un Paese in fiamme, un popolo combattuto tra forze che si sentono diverse ma vincolate l’una all’altra (come padroni di casa e domestici ad esempio) e infine una classe alto borghese che non riesce ad accorgersi di quello che sta accadendo neanche quando si trova nel bel mezzo di un incendio e, anziché dimenarsi con dell’acqua per spegnerlo, lo guarda mentre sgretola gli alberi sopra la sua testa.
Insomma: dopo il Leone d’Oro a Venezia e il Bafta per il Miglior Film del 2019, Cuaròn si prepara a fare man bassa di ometti dorati a Hollywood, e non possiamo che dirgli che se li sarà meritati tutti.
___
Roma (2018, Messico / USA, 135 min)
Regia, Soggetto, Sceneggiatura e Fotografia: Alfonso Cuarón
Interpreti principali: Yalitza Aparicio (Cleo), Marina de Tavira (Sofia), Marco Graf (Pepe), Daniela Demesa (Sofi), Fernando Grediaga (Antonio), Jorge Antonio Guerrero (Fermin)
Prevedo anch’io una carriola piena di Oscar. Anche perché Hollywood da sempre ama i messicani e detesta Trump, a cui certamente ROMA non piacerebbe (se lo vedesse)
Ieri su SKY ho visto una commedia francese del 2017: MADAME. La protagonista (interpretata da Rossy De Palma) serve fedelmente da tanti anni in una famiglia di megaricchi; si innamora incautamente di uno stronzo che poi la molla; fa la valigia e se ne torna in Spagna… Qualche analogia c’è.
In effetti, direi più di un’analogia! 🙂
…penso proprio di si! Bel film, bravissimo regista !
Lo voglio proprio vedere, mi sa che è IL MIO genere.
E sì, mi a che vince l’Oscar.
Moz-
A me ha ricordato molto “È arrivata mia figlia”, un film brasiliano di Anna Muylaert del 2015, un film con molta meno solidarietà di classe…
“l’occhio ne è talmente appagato che non puoi smettere di guardare”
mi ritrovo molto in questa frase…
guardando Roma ho avuto un po’ le stesse sensazioni di quando guardavo i film di Béla Tarr, un’estetica totale che ti annebbia la mente…
non siamo ai livelli di Tarr ma quasi…
non vedo l’ora di vederlo
È sicuramente da guardare, anche solo perché è un vero balsamo per gli occhi 🙂
Bellissimo film la cui visione è stata ravvivata da una doverosa cazziata a due signore perennemente chiacchieranti e dai “trofei” dei cani appesi alle pareti 😂
Mi sono documentato. Il film visto al cinema da Cleo e Fermin è “Tre uomini in fuga”, di Gerard Oury (e di uomini in fuga in questo film ne ricordo almeno due…); mentre il film scelto dai bambini, “Abbandonati nello spazio” di John Sturges, non può non evocare, molto chiaramente, “Gravity”
😀 😀 grandissimo!
Uh il cenno a Gravity mi è piaciuto assai, effettivamente 🙂