Al cinema: La mia vita con John F. Donovan, di Xavier Dolan

Una giornalista riottosa intervista un affermato attore/scrittore/salcazzo in un caffè di Praga. Già così è assai bohemienne. Lui è Rupert Turner, e le racconta, da qui in avanti anzi già prima flash avanteindietro a manetta, del suo rapporto epistolare con il John del titolo, altro attore di successo, stavolta di serie per ragazzini, che Rupert a 11 anni idolatrava. Allora gli ha scritto, John ha risposto e si sono scritti per 3 anni. Fino a quando le lettere sono divenute di pubblico dominio, con relativo BOOM e crisi e pianti. Va da sé le storie corrono separate e parallele su due binari temporali. John ha una manager che cerca di contenerne gli eccessi, ma poi si stufa (ed è Kathy Bathes), una madre travolgente e beona (Susan Sarandon), una migliore amica che per tutto il mondo lui si scopa ma lui ovviamente è gay (perché altrimenti non sarebbe un film di XD. Che bello scrivere XD), e non può rivelare al mondo di esser gay perché altrimenti non sarebbe più l’icona sexy che è.

Meanwhile, Rupert vive con la madre (Natalie Portman), che odiaetama, recita, si fa bullizzare a scuola e urla istericamente quando passa John in tv.

Xavier Dolan, rotolandosi nella sua dorata gabbia da enfant prodige, ormai ha passato i 30, e parte alla conquista di Hollywood (sia John che Rupert da grande sono due fighi da serie tv, solo che non guardo le serie tv quindi non mi interessano. GOT e Wasteland, se non sbaglio), con una batteria di nomi impressionanti – e si può permettere la Portman e la Sarandon per la sua figura preferita, quella della madre, origine ma argine e fonte di tutte le debolezze ma anche salvezze. E non sono ormai solo drammi familiari, sono costruzioni cinebarocche di sentimenti, ormai gestite cinematograficamente con una certa eleganza, e traballano e prendono il volo, alla stregua un po’ di un cartello di caste (blinkblink). Per cui i suoi film son spesso forti ma deboli, curiosi, insieme, a tratti fastidiosi (fastidiosi il cazzo, dopo E’ solo la fine del mondo ero incazzato come una biscia quando la disturbi mentre prende il sole in un mattino di fine luglio); con alcuni momenti formidabili, di ri-conoscimento, non di persone ma sostanzialmente dei rapporti che legano i protagonisti: tipo qui la rincorsa tra Rupert e la madre lungo le vie affollate, fino a trovarsi(ri) e dirsi(ri) che ti voglio bene. La musica nei film di XD è sempre più forte che negli altri. E punta sul pop nostalgico anni ‘90 e 2000, quello sparato forte, quello guarda caso di quando era giovane XD. Che non so poi se sia davvero più alta, forse che sì, ma si tratta in effetti di un climax emozionale, pimpato con la musica e insomma, l’uno tira l’altra.

Il rischio è quello di ripetere variazioni su temi che poi, gira che ti rigira, pompa che ti ripompa nelle casse, sempre gli stessi sono. La ricerca di modelli da seguire, il rapporto con una madre/alter ego (il padre in genere o non c’è o è trasparente), questa vitalità strabordante a tratti e imprigionata in altri, l’omosessualità. Insomma, non so se per i 30 ma per i 40 vogliamo il next level, perché il ragazzo ha rare doti narrative e noi, diciamolo, vogliamo la cascata e non il fiume (una scena di Laurence Anyways è significativa a tal proposito).

Quel che i Thegiornalisti, prima di diventare main, chiamavano La pioggia del cuore. Comunque TVB XD

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The Death and Life of John F. Donovan (2018, Canada / Regno Unito, 127 min)

Regia e soggetto: Xavier Dolan

Sceneggiatura: Xavier Dolan e Jacor Tierney

Fotografia: André Turpin

Musiche: Gabriel Yared

Interpreti principali: Kit Harington (John F. Donovan), Natalie Portman (Sam Turner), Ben Schnetzer (Rupert Turner), Jacob Tremblay (Rupert Turner bambino), Susan Sarandon (Grace Donovan), Jared Keeso (James Donovan), Kathy Bates (Barbara Haggermaker)

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Un pensiero riguardo “Al cinema: La mia vita con John F. Donovan, di Xavier Dolan

  1. Lo confesso: XD è un autore che mi ha stancato molto in fretta, soprattutto perché, come dici anche tu, varia sempre sullo stesso tema: è sempre più o meno sempre la stessa storia, con gli stessi personaggi e le stesse dinamiche. Giusto in Mommy è riuscito a tirare fuori qualcosa di diverso, e infatti è il mio preferito insieme a Lawrence Anyway.

    Inoltre inizio ad essere insofferente verso il personaggio del gay maltrattato e bullizzato che immancabilmente finisce a fare; zio, abbiamo capito, basta! Non mi ha stupito più di tanto scoprire che sarà lui a interpretare l’omosessuale linciato all’inizio di It: Chapter 2; inizia ad essere un drammatico caso di typecasting.

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