Vedere Kevin Costner con le rughe a raggiera attorno agli occhi fa un certo effetto a chi, come me, lo ha visto giovane, gigione e rampante sul grande schermo. Il sex symbol degli anni ’90, quello meno tormentato e più “classicamente hollywoodiano”, ora corricchia con i braccini alti e guardinghi (pronti a parare ogni fatale ruzzolone) e ha il fiatone; viste le parecchie similitudini con l’altro recente noir western targato Netflix, Hell or High Water – per ambientazione, tematica e, appunto, l’eroe anziano, là interpretato da un marmoreo Jeff Bridges – verrebbe da pensare che la regina dello streaming si sia affezionata alla figura del vecchio lupo spelacchiato che ritorna, per onore e senso del dovere, ad annusare le tracce sulla pista.
Sullo sfondo di una America rurale innervata di infinite highways che si perdono all’orizzonte, tra vecchie berline Buick e Ford “Model A”, si snoda questa serratissima caccia all’uomo condotta da Frank Hamer (Kevin Costner) e Maney Gault, suo compare dei bei vecchi tempi che per l’occasione dimette i panni di dolce nonnino (un roccioso Woody Harrelson). Obiettivo di questa battuta, organizzata della governatrice del Texas Ma Ferguson (Kathy Bates timbra il cartellino), è la leggendaria coppia di gangster formata da Bonnie Parker e Clyde Barrow, spietati amanti che al popolino apparivano come romantici novelli Robin Hood. Avversati da false piste e dall’omertà della gente, i rangers dovranno sfidare anche – cliché inossidabile – l’ottusa indagine parallela dell’FBI prima di giungere al celeberrimo sanguinoso epilogo, iconizzato da Gangster Story (1967) di Arthur Penn, film pioniere della New Hollywood. No spoiler, è storia.
Ok non stiamo parlando di un film dalle particolari ambizioni creative; siamo dalle parti del solido film di genere, che va comunque ben oltre il film per la tv 2.0 con cui Netflix aveva mosso i suoi primi passi sul fronte produttivo. Un avvincente noir poliziesco dalla parte degli inseguitori, in cui la “preda” è intangibile e inafferrabile, poco inquadrata se non di spalle e di sfuggita. Su questa evanescenza ruota il film di Hancock, bravo a tenere alta l’aspettativa dello spettatore fino all’ultimo, senza prestarsi a un più “facile” intreccio basato sui due punti di vista.
Con la splendida fotografia di John Schwartzman, – già avvezzo a ridar luce a scene tipicamente oldies (Seabiscuit, Green Hornet, Saving mr. Banks, The Founder) – a incorniciare l’occhio sagace di un regista che un tempo si sarebbe definito “artigianale”, questo film si può definire un colpo giunto a bersaglio della variegata cartucciera Netflix; semplice ma non rozzo, agguanta lo spettatore e non lo molla fino alla fine. Il vero punto a questa storia vera lo mette lo sguardo in camera, glaciale e impietrito, dei due piccoli gangster caduti nella trappola mortale. Gli occhietti un po’ maligni, un po’ innocenti di Bonnie Parker non si dimenticano.
Film da divano, ma di buona qualità.
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The Highwaymen (2019, USA, 132 min)
Regia: John Lee Hancock
Sceneggiatura: John Fusco
Fotografia: John Schwartzman
Musiche: Thomas Newman
Interpreti principali: Kevin Costner (Frank Hamer), Woody Harrelson (Maney Gault), Kathy Bates (governatrice Ma Ferguson), Kim Dickens (Gladys Hamer), John Carroll Lynch (Lee Simmons)
Concordo con la recensione, a me non è dispiaciuto.
Ero fortemente dubbioso, non stimando Costner da troppi anni, invece è stato un prodotto onesto e molto ben fatto. L’atmosfera è densa, viene ricreato un mondo in tilt fin troppo simile al nostro, dove i criminali sono gli ultimi eroi rimasti al popolo, e due vecchi uomini di legge devono lottare duro per ricordare da quale parte stanno. L’ostinazione del protagonista a voler dichiarare il proprio status prima di sparare, anche a rischio della propria vita, la vedo come la voglia di mostrarsi diversi dai criminali a cui si dà la caccia.
Quando vogliono fare i “filmoni” spesso escono fuori robe patinate insopportabili e banali, mentre questo è un puro prodotto di genere, che segue tutti i canoni rigorosamente ma è proprio questo che fa il genere: prende ingredienti che piacciono e li cucina in modi che sembrino diversi. Davvero da consigliare.
Voi forse potete rispondere a questa mia domanda. Io conosco tante persone che per anni hanno pontificato con le pay-tv, persone che mai in tutta la loro vita hanno mai pensato ad abbonarsi a una pay -tv o a pagare qualsiasi servizio di streaming e poi, improvvisamente si sono abbonate a Netflix. Ne conosco tantissime di persone così. Voi come vi spiegate questo fenomeno? Grazie
Human nature, direi. Si parla male di ciò che poi facciamo regolarmente 🤣
Probabilmente perché Netflix ha portato un qualcosa di nuovo rispetto alla pay-tv tradizionale. Intanto ha consacrato l’on demand come elemento fondamentale per la visione di film e serie tv. Poi sicuramente ha azzeccato scelte di marketing che han catturato l’attenzione dei giovani, da sempre un mercato importante per chi vuole fare soldi.
Sta di fatto che Netflix non è neanche definibile come una pay-tv, è stata qualcosa di nuovo… ma secondo molti ha già passato il giro di boa e l’avvento in forze di una temibilissima concorrenza (Disney+, poi sarà il turno di Apple) già mina la sua posizione…
Non so se conosci la teoria dell’oceano blu… beh Netflix lo era