Una storia che andava raccontata e che Hollywood ha per troppo tempo dimenticato nei cassetti, quella del velocista americano Jesse Owens che conquistò quattro medaglie d’oro alle controverse Olimpiadi di Berlino del 1936. L’evento che doveva glorificare a livello internazionale la Germania nazista fu infatti monopolizzato dall’atleta afroamericano, che a suon di record e medaglie conquistate sotto gli occhi infastiditi del fuhrer dominò la scena, smentendo sul campo le teorie circa la presunta superiorità della razza ariana.
L’intraducibile titolo originale, che gioca sul duplice significato della parola race, che significa corsa ma anche razza, è stato accostato in italiano da un sottotitolo che cerca di replicare il gioco di parole.
Race è un biopic sicuramente buonista: mieloso, quasi agiografico nei confronti del protagonista e generoso nel riabilitare la figura controversa di Leni Riefenstahl, che di quelle Olimpiadi fu la cantrice e di cui viene riportato lo storico scontro con Goebbels.
Ma il film è anche sufficientemente onesto nel dipingere le contraddizioni di un’America ancora fortemente razzista (posti riservati sugli autobus, segregazione negli ambienti universitari), eppure indecisa sul boicottaggio delle Olimpiadi naziste.
L’assurdità del razzismo emerge in particolare nella significativa scena finale in cui Owens viene costretto ad utilizzare un ingresso secondario per accedere al luogo dove deve tenersi un evento a lui dedicato, con il portiere che non gli consente l’accesso dall’entrata principale riservata ai bianchi, pur riconoscendolo.
Il personaggio di Avery Brundage, all’epoca presidente del comitato olimpico statunitense e che sarà contestato anche quando diventerà presidente del CIO (carica mantenuta fino alle altrettanto tristemente famose Olimpiadi di Monaco), non ne esce benissimo, dato che viene a lui contestata la bieca decisione di escludere dalla staffetta 4×100 statunitense gli unici due atleti ebrei della spedizione, sebbene su presunto ricatto di Joseph Goebbels.
In parte si cerca almeno di riabilitare la sua figura mostrando l’intransigenza del suo comportamento al momento di negoziare con il Terzo Reich la partecipazione statunitense ai Giochi.
Brundage è interpretato dal sempre ottimo Jeremy Irons che insieme a Jason Sudeikis (nei panni del tenace coach di Owens) forniscono le due migliori prove da attore. Più tradizionale, invece, la recitazione del protagonista.
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Race (2016, Canada / Germania / Francia, 134′)
Regia: Stephen Hopkins
Sceneggiatura: Anna Waterhouse, Joe Shrapnel
Fotografia: Peter Levy
Musiche: Rachel Portman
Interpreti principali: Stephan James (Jesse Owens), Jason Sudeikis (Larry Snyder), Carice van Houten (Leni Riefenstahl), Jeremy Irons (Avery Brundage)
Piaciuto molto, peccato si sia parlato/scritto troppo poco.