Su Netflix: Monaco – Sull’orlo della guerra, di Christian Schwochow

Ormai i film ispirati ai romanzi di Robert Harris possono quasi costituire un canone. Siamo quasi di fronte a un Robert Harris Cinematic Universe (con questo dovremmo essere arrivati a quota sei), solo che non sempre il libro può finire nelle mani di un Polanski, che dalle opere dello scrittore inglese aveva tratto L’uomo nell’ombra (ispirato a Il Ghostwriter) e, soprattutto, L’ufficiale e la spia. Non sempre puoi avere Polanski, talvolta ti capita un Christian Schwochow qualunque, onesto mestierante cinetelevisivo e niente più.

Siamo di nuovo dalle parti della Storia (con la maiuscola) che incontra la storia (con la minuscola) di spionaggio, esattamente come in L’ufficiale e la spia, che però era un capolavoro, mentre questo film Netflix che ruota attorno alla Conferenza di Monaco del 1938 al capolavoro non ci si avvicina neanche un po’ e nemmeno al film degno di essere ricordato. A Monaco si riunirono Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier, sottoscrivendo un accordo che ritardò di fatto l’inizio della Seconda guerra mondiale, dando a Hitler il via libera all’annessione della regione ceca dei Sudeti, che diversamente si sarebbe preso con la forza. Attorno a quell’evento Harris – che del film è anche produttore, oltre che soggettista – costruiva nel romanzo una spy story fiction ispirata alla figura di Adam von Trott, diplomatico tedesco membro della Resistenza ai tempi del Nazismo, giustiziato dopo aver preso parte al fallito complotto per attentare alla vita del fuhrer nel 1944.

Siamo sei anni prima (nel film, come nel libro) di quel 1944, e sei anni dopo quel 1932 in cui Paul von Hartmann (il personaggio di finzione ispirato a Von Trott) era tornato in Germania dopo aver compiuto i suoi studi a Oxford. Come molti giovani uguali a lui Von Hartmann ha abbracciato il fervore del nazionalsocialismo degli esordi, per poi pentirsene amaramente. La Conferenza di Monaco potrebbe essere l’occasione buona per mettere in atto un piano temerario per fermare Hitler prima che sia troppo tardi.

Storia e finzione, dunque, che in questo film, tuttavia, si fondono malamente. Da un lato abbiamo avvenimenti storici testimoniati anche visivamente in immagini che abbiamo potuto osservare in decine di documentari e la cui ricostruzione fiction finisce spesso per cadere nella riproduzione meccanica. Dall’altro lato abbiamo una trama spy che mal si concilia con una rigorosa ricostruzione storica, perché frettolosa, perché retorica, perché colma di incongruenze. I due giovani protagonisti si muovono a loro piacimento (pure troppo) tra le patrie stanze del potere e quelle di una Monaco che spazia dal clima da Oktoberfest che si respira nei locali a quello di miseria e fanatismo che imperversa nelle strade. Hanno letteralmente in mano il corso degli eventi, per poi giocarseli in modi alquanto banali, tra ritrovi clandestini in pub frequentati dalle S.S. e dilemmi esistenziali che insorgono proprio nel momento clou in cui ci si trova a dover mettere in atto quanto si è rigorosamente e ostinatamente pianificato.

Resta la buona prova di quel George MacKay che era già stato co-protagonista di un film storico di ben altro calibro, il 1917 di Sam Mendes. Ma anche di un Jeremy Irons più che discreto nei panni di Chamberlain, che il film riabilita (anche qui: in modo un po’ raffazzonato) come patriota incompreso che diede agli alleati un anno in più di tempo per prepararsi alla guerra.

Clamoroso miscasting, invece, per la parte del fuhrer, affidata a quel Ulrich Matthes che nel 2004 era stato uno straordinario Joseph Goebbels in La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler, e che non avendo cambiato i connotati – ma essendo soltanto invecchiato di una ventina d’anni – non ha certo smesso di somigliare al ministro della propaganda per diventare spendibile come fuhrer con un paio di baffetti e il riporto a tendina!

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Monaco – Sull’orlo della guerra (Munich – The Edge of War), di Christian Schwochow

Regno Unito, 2021, 123’

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