Al cinema: Dio è donna e si chiama Petrunya, di Teona Strugar Mitevska

Petrunya è una trentaduenne macedone di Štip, ragazzona in carne, avvezza alle lunghe dormite e priva di legami sentimentali. Vive coi genitori e non ha un lavoro. Nemmeno l’intercessione di amici e parenti riesce a farle superare questa sua condizione di disoccupata di lungo corso: ha una laurea in storia, non ha esperienza e, soprattutto, non è abbastanza attraente da farsi desiderare dal capetto di turno, disposto – solo previo ottenimento delle grazie delle candidate – a concedere posti da segretaria in una fabbrica tessile non molto dissimile da una manifattura di Changzhou.

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Al cinema: Frozen II – Il Segreto di Arendelle, di Chris Buck e Jennifer Lee

locandina1Tra i Classici Disney dell’ultimo decennio, Frozen è stato l’unico ad avere avuto la forza di imporsi come un vero e proprio cult, un autentico fenomeno che ancora oggi, a sei anni di distanza dall’uscita del film, resiste tenacemente. I personaggi del film sono ancora ovunque, le canzoni ancora celebri, il merchandise inesauribile; insomma, le principesse di Arendelle sono diventate delle vere icone pop, amate da un pubblico tanto vasto quanto eterogeneo. Il merito è essenzialmente della storia che le ha viste protagoniste, un film imperfetto, certo, ma che ha saputo parlare indifferentemente a bambini e adulti grazie al suo messaggio di autoaccettazione delle proprie capacità e differenze. Nel corso degli anni, la Disney ha cavalcato l’onda del consenso popolare con due cortometraggi, Frozen Fever e Le Avventure di Olaf, che hanno proseguito la storia dei protagonisti e ampliato la mitologia del loro mondo; fino a oggi. Frozen II – Il Segreto di Arendelle è il 58° Classico Disney, e si propone di replicare il successo del film originale riprendendone tutti gli elementi che lo hanno reso così amato, dimenticandone però il cuore, per quanto ghiacciato.

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Al cinema: La Belle Époque, di Nicolas Bedos

Pensavo a come sarà triste, e se ci arriviamo, quando non ci sarà più l’ennesimo riconoscibilissimo prima del film trailer del prossimo Woody Allen. Basta sentire 8 parole, io manco li guardo i trailer.

Siamo a Pa-boh-Francia, Marianna (Fanny Ardant) e Victor (Daniel Auteuil, che compete nel prestigioso contest per il cognome contenente il maggior numero di vocali) sono una coppia agée, e bisticciano in continuazione. Lui è un fumettista disoccupato e odia la tecnologia, oltre alle stupide serie tv prodotte dal figlio uscito da una pubblicità californiana, e si lamenta della metà di tutto. Lei è psicologa con tanta voglia di vivere, come si dice nelle descrizioni in chat, ama viaggiare e scoprire cose nuove e blabla, odia lui, si addormenta con gli occhiali VR addosso e si fa sbattere dal migliore amico di Victor, che per inciso lo ha anche licenziato.

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Al cinema: Doctor Sleep, di Mike Flanagan

downloadCerto che Mike Flanagan, quando si sceglie una scommessa, se la sceglie pesante. Dopo aver messo insieme una carriera di tutto rispetto sia al cinema che in televisione, Flanagan decide di gettarsi in un’impresa che avrebbe fatto tremare i polsi e gelare il sangue nelle vene a chiunque. Misurarsi con l’opera di Stephen King? Certo che no: prendere i fan e i cinefili di tutto il mondo per le corna. Non è un mistero che Shining, più che un film cult, sia diventato nel corso del tempo un monumento al cinema stesso, venerato dagli amanti del cinema come una religione, quasi; non sorprende quindi che la notizia di un film che avrebbe dato un seguito al capolavoro di Stanley Kubrick sia stata accolta con scetticismo (quando è andata bene) o come una blasfemia (troppo spesso). Poco importa che Doctor Sleep sia tratto da un romanzo di Stephen King, ad oggi l’unico ad avere effettivamente diritto di parola su Shining e la sua mitologia, e men che meno importava che Flanagan avesse già ampiamente dimostrato le sue capacità: Shining non si doveva toccare. C’era del fondamento in questi pregiudizi? Ovviamente no, e adesso andremo a vedere perché.

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Al cinema: Psicomagia – Un’arte per guarire, di Alejandro Jodorowski

Un uomo complessato perché il padre lo malmenava da piccolo viene mezzo seppellito vivo su uno scenario di colline. La testa protetta da una bolla di vetro traforata e lasciata fuori, sulla terra viva si sparge carne morta. Decine di avvoltoi arrivano al banchetto.

Alejandro Jodorowski è matto ma lo è da mo’, ora è un anziano matto e da anni si è inventato la psicomagia. La psicomagia vuole curare i traumi della vita delle persone da un binario parallelo alla psicoanalisi freudiana: come quella è basata sulla parola e sul raziocinio, la psicomagia punta forte sull’azione volta a colpire il vissuto e l’inconscio del soggetto, a risvegliare ricordi e curare delusioni seppellite nella memoria.

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Al cinema: Joker, di Todd Phillips

Non è un caso che Todd Phillips abbia voluto Robert De Niro nel suo Joker. Perché quest’opera così meravigliosamente atipica nel mondo dei cinecomic è debitrice, in modo abbastanza evidente, di due pellicole che hanno visto protagonista l’attore italoamericano: Taxi Driver, per l’impianto su cui viene costruita la caratterizzazione di Arthur Fleck e per il modo con cui viene descritta la sua deriva verso la follia, e Re per una notte, per il subplot che progressivamente si dipana fino ad assumere un ruolo fondamentale per il finale nichilista.

Del resto, Joker è un film fortemente scorsesiano, e non a caso Scorsese avrebbe dovuto produrre la pellicola, se poi non l’avesse lasciata alla sua collaboratrice Emma Tillinger Koskoff, che si è unita agli altri due produttori, Bradley Cooper e lo stesso Todd Phillips.

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i top & flop del trimestre (termometro delle sale luglio/settembre 2019)

termometro top&flopÈ stato un trimestre intenso, nonostante la stagione estiva sia storicamente avversa agli afflussi massivi nelle sale. E come alla fine di ogni trimestre, anche questa volta giunge puntualmente a darci alcune indicazioni sul gradimento delle pellicole uscite sul grande schermo il nostro #termometrodellesale, lo strumento con cui analizziamo il consenso del pubblico e della critica per i film distribuiti nei cinema della penisola.

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Al cinema: La vita invisibile di Euridice Gusmao, di Karim Aïnouz

C’è una foresta con delle foglie grosse e verdi così, Cristo di Rio (ahah che sembra una bestemmiahah) clorofilla dappertutto, e una tempesta in arrivo. Euridice e Guida (che però, per amor di portoghesità, chiameremo Euridis e Ghida) sono due sorelle Avere 20 anni che tornano a casa, si perdo(na)no e richiamano. Figlie di famiglia conservatrice, che ruota intorno ai baffi del padre panettiere – in una società se una persona sola ha i baffi è stile, se ce li hanno tutti è bigottismo – la prima sogna di diventare pianista a Vienna, la seconda di bombare tantissimo. Sembrano entrambi sogni legittimi. Il problema è che sei donna negli anni ‘50: una sera, coperta da Euridis, Ghida esce con una marinaio greco, che la prende e se la porta in Grecia per sposarla. Ok, le avremmo potuto dire tutti quanto geniale un’idea non fosse. Torna l’anno dopo incinta e il padre, che nel frattempo ha fatto sposare quella rimasta con un raccapricciante omuncolo medioborghese, la caccia di casa e le dice che Eu è partita per l’Austria.

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Al cinema: C’era una volta a… Hollywood, di Quentin Tarantino

Uno dei più grandi poteri che si riconosce al cinema è quello di trasformare la realtà, mistificandola, volutamente o suo malgrado. È del resto nella natura della rappresentazione la possibilità di mutare ciò che si rappresenta, anche quando non lo si vuole. Perché la rappresentazione non potrà mai essere la realtà rappresentata e qualsiasi tentativo di farla sembrare più o meno verosimile si scontrerà sempre con la naturale predisposizione della realtà a sottrarsi ai tentativi di rappresentazione. Lo diceva – anche se non proprio in questi termini – Werner Heisenberg, enunciando un concetto cardine della meccanica quantistica, il principio di indeterminazione, che diede uno scossone al determinismo della fisica classica. E ciò che vale per la fisica delle particelle non muta se rapportato al mondo macroscopico che abitiamo.

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