touch of modern: Commando, di Mark L. Lester

John Matrix (Arnold Schwarzenegger) è un ex colonnello delle forze speciali, che vive con la figlioletta Jenny (Alyssa Milano) in una sperduta villetta sulle montagne. La sua tranquilla esistenza viene sconvolta dall’arrivo di un commando guidato da un ex commilitone, Bennet (Vernon Wells), che gli rapisce la figlia. Per riaverla dovrà aiutare l’ex dittatore di Valverde Arius (Dan Hedaya) a tornare al potere, uccidendo il presidente in carica. In un primo tempo, Matrix finge di accettare la proposta, ma al momento di prendere il volo per l’isola sfugge al suo accompagnatore e con l’aiuto di una assistente di volo, Cindy (Rae Dawn Chong), incontrata per caso in aeroporto, riesce ad eliminare i suoi avversari e a liberare la figlia.

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contemporary stuff: Mad Max Fury Road: Black and Chrome Edition, di George Miller

Quando ho scoperto che esisteva una versione cromata del film più tamarro del 2015 copiosamente ho cominciato a sbavare, con gli occhi a forma di cuore. Suppergiù come quando guardi una teglia di lasagne al forno (Sì, cromate e in b/n). Perché è tipo la sublimazione della tamarria di George Miller – che dà chiaramente alla testa (come la besciamella. Che è bianca. Coincidenze? Noi di US crediamo proprio di no u_u).

Futuro apoca-post-atomic-whathever, fra un po’, deserto argentato. Mad Max è tornato, e un sacco di stronzi che sono andati al cinema a vederlo e usciti urlando UAAAAARGH incensandolo sui soscial non avevano la più pallida idea dei film precedenti, e pensando che questo regista, questo Miller, fosse uno che arrivava dai cartoni animati. Maledetti, quando voi… al liceo scopavate io guardavo Mad Max. Ok non bisognerebbe essere intolleranti, ma sono di cattivo umore. Il buon Miller, oltre ai cartoni animati coi pinguini, è dal 1998 che cerca di fare questo film.

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Al cinema: Captain Marvel, di Anna Boden e Ryan Fleck

54756Io ho una fortuna incredibile: in un mondo che ormai inizia a stancarsi dei film sui supereroi (ho perso il conto di quante persone mi abbiano già detto di aver smesso di seguire i film della Marvel e della DC), riesco ancora a divertirmi come un bambino guardando le avventure di Iron Man e compagnia. Complice anche la tradizione, ormai da tempo consolidata, di andare a vedere tutti i film del Marvel Cinematic Universe con mio fratello, ogni nuovo capitolo del franchise diventa un piccolo evento che viene opportunamente celebrato, anche quando, come in questo caso, non si tratta esattamente della stella più brillante del firmamento. Sono sempre piuttosto diffidente nei confronti delle campagne pubblicitarie che cercano di creare il caso mediatico puntando sul fattore inclusività: il fatto di avere per la prima volta come protagonista un supereroe nero o, come nel caso di Captain Marvel, donna, non può essere l’unico punto a favore di un film, e onestamente mi sento anche un attimo manipolato, come se fossi costretto ad amarlo per non sentirmi brutto e cattivo. Ecco, guarda, non gli è piaciuto il film con il supereroe donna, misogino! Per cui ora lo dico: a me, Captain Marvel, non è piaciuto. E ora fatemi causa.

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Al cinema: Soldado, di Stefano Sollima

Locandina SoldadoPartiamo dalle cose positive: ci sono ancora (rispetto a Sicario) Benicio del Toro e Josh Brolin. Un duo collaudato ed estremamente efficace, soprattutto se calati in ruoli che sembrano fatti apposta per loro, come in questo caso. Poi, la sceneggiatura è ancora una volta di Taylor Sheridan, il quale, giunto al suo quarto script, si conferma uno degli screenwriter più interessanti di questi ultimi anni, capace come pochi altri di leggere il mito della frontiera in chiave moderna.

E poi ci sono le notizie negative. Tipo che non c’è più Emily Blunt e chiunque abbia un po’ di cuore dovrebbe dolersene.

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Al cinema: Venom, di Ruben Fleischer

54617Con il panorama cinematografico sempre più invaso da supereroi fagocitati in continuity sempre più lunghe e affollate, è rinfrescante, quasi, trovare un prodotto che non sia legato ad altre decine di film masi mantenga perfettamente in piedi da solo. Al tempo stesso, è quasi palpabile il panico dei produttori, che vedono sempre più assottigliarsi il numero di eroi di cui ancora non esiste una trasposizione filmica; in preda a delirio creativo compulsivo, ecco quindi rispolverare il personaggio di Venom, già sfruttato al cinema nel 2007 come villain del controverso Spider-Man 3 di Sam Raimi e ora protagonista di un film tutto suo. Giunti a questo punto, però, il pubblico è piuttosto smaliziato, per cui una decisione urgeva di essere presa: seguire il modello spensierato del Marvel Cinematic Universe, o aderire a quello più sofferto inaugurato l’anno scorso con Logan? La risposta sembrava ovvia, dal momento che il protagonista è un antieroe, per tacere della sua natura mostruosa, ma Ruben Fleischer ci prende tutti contropiede realizzando una commedia. Go figure.

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Al cinema: Mission: Impossible – Fallout, di Christopher McQuarrie

locandinaC’era una volta il cinema dinamico, su cui avevo fatto una tesi. Di laurea eh, ma piccola, di estetica. Non so di chi fosse l’idea, né ricordo i film, ma era tutto sviluppato dal parallelismo tra il precipitare dinamico della guerra, soprattutto a partire dai conflitti del ‘900, descritto da Paul Virilio (questi filosofi francesi hanno sempre dei nomi assai fighi, n’est-ce pas?) e il corrispettivo cinematografico. Ricordo solo di averci messo A 30 secondi dalla fine di Konchalovskji, e chissà quali altre stronzate. Era bello perché infilavo un po’ quel che cazzo mi pareva, dall’Arrivo del treno alla stazione in su. Tout ceci per dire che qui sta Tom Cruise che corre per più di due ore. Quando non corre o picchia o è picchiato, variazioni quando gli sparano. Ogni tanto spara pure lui, ma è molto di più il tempo in cui gli sparano. C’è una trama, ma è del tutto superflua, o appunto, fluida, e cascata come scroscia una.

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Confronti: quando la spia è donna (Atomica bionda vs. Red Sparrow)

spie 1In poco meno di un anno abbiamo avuto nelle sale due film ambientati nel mondo dello spionaggio e con protagoniste femminili. Un revival di temi già affrontati in tutte le salse nel mondo della settima arte, in un genere, quello della spy-story, che tuttavia aveva abituato a personaggi maschili, con le donne relegate a mera comparsa o a femme fatale di turno (vedi il caso paradigmatico di 007 e delle Bond Girls).

Non che nella storia del cinema non vi siano state in precedenza opere di spionaggio (anche celebri e risalenti) con protagoniste appartenenti al gentil sesso: dalla Mata Hari di Greta Garbo (nell’omonima pellicola del 1931, che era stata preceduta da due film muti – uno dei quali con la “vamp” ante-litteram Asta Nielsen – e che è stata seguita da una serie di altre opere dedicate alla celebre spia olandese) alla Nikita diretta da Luc Besson.

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Al cinema: Escobar – Il fascino del male, di Fernando León de Aranoa

loving pablo 1Certo che vedere Javier Bardem in versione Giampiero Galeazzi fa davvero un certo effetto. Con sta cosa del metodo Stanislavskij si sta chiaramente esagerando e lo dimostra la scena in cui un Bardem con un girovita imbarazzante si trastulla in mezzo alla giungla, per poi correre nudo, mitra alla mano, non appena il suo nascondiglio viene scoperto dagli elicotteri dell’esercito colombiano. Viene il sospetto che l’attore, in quelle sequenze, abbia gonfiato il ventre come un pesce palla o una fregata magnificens, ma il discorso non cambia più di tanto.

Del resto, il film di Fernando León de Aranoa si basa, prima di tutto, sulla recitazione eccellente, ma soprattutto sulla eccezionale mimesi fisica dell’attore spagnolo, che aggiunge una ventina di chili alla sua già robusta corporatura e soprattutto adatta il suo inconfondibile faccione alle sembianze del più noto narcotrafficante della storia, colui che portò letteralmente la guerra sul territorio colombiano, facendo il bello e il cattivo tempo a fronte di un governo centrale che non riusciva a tenergli testa. Continua a leggere “Al cinema: Escobar – Il fascino del male, di Fernando León de Aranoa”

Al cinema: Black Panther, di Ryan Coogler

pd15181560023ulC’è questa specie di principe nero e frignone e un po’ emo, muore il padre e diventa re. Il posto è fantastico ed inusuale, regno di Wakanda, una riarsa superficie di deserti e foreste che nasconde un morbido cuore di ipertecnologia e cioccolato fondente. Ah no, e civiltà. Intanto in casinò sudcoreano passa Stan Lee, che gli eroi Marvel se li è inventati praticamente tutti e insomma, quanto si deve sentire giustamente ganzo? Quindi rewind: T’Challa è Black Panther, il re di questo posto, che ha superpoteri derivanti da un’erba pure lei emo, l’erba <3. Quindi in pratica si droga (ed è comunque superbombato anche senza poteri o quando va in rehab). Tutto questo popo’ di roba il Wakanda ce l’ha grazie al vibranio, un metallo/minerale/qualcosa dalle strabilianti virtù.

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