Al cinema: The Broken Key, di Louis Nero

the_broken_key 1Un film di fantascienza italiano, con un cast di stelle (forse è meglio dire ex stelle, ma pur sempre dei grandi nomi del cinema) e ambientato a Torino e provincia (oltre a qualche altra località del Piemonte)???

Ammetto di essermi parecchio gasato all’idea, sia perché il cinema italiano difficilmente si imbarca in imprese di questo tipo (la fantascienza, puah!, lasciamola agli americani e continuiamo con i nostri pseudo-drammi sociali e le commedie scollacciate), sia per il fatto di essere riusciti ad arruolare così tanti divi in una produzione completamente italiana, a detta del regista attirati più dalla sceneggiatura che dall’ammontare dei cachet. E poi, last but not least, l’ambientazione (prevalente) nella mia città.

Beh, tanto alte erano le aspettative prima di vederlo (incurante della miriade di recensioni negative sbirciate in giro, da cui non mi faccio generalmente influenzare), quanto enorme è stata la delusione durante e dopo la proiezione.

Ma andiamo con ordine: pronti, via e sui titoli di testa la macchina da presa si muove lentamente esplorando i dettagli del Trittico del giardino delle delizie di Hieronymus Bosch, che, detto per inciso, è uno dei miei pittori preferiti, un visionario che ha anticipato di cinque secoli il surrealismo. E quel quadro, in particolare, è uno dei suoi capolavori, un’opera che da sola merita il viaggio a Madrid e la visita al Prado. Inutile dire, quindi, che la mia euforia nei primi tre minuti era montata alle stelle. Peccato, però, che ci siano gli altri 117.

Il film è in sostanza un Codice Da Vinci in bagna cauda, ambientato in un futuro semi-distopico in cui la carta è diventata un bene talmente raro da far diventare un reato l’atto di stampare, per effetto di una pluricitata “Legge Schuster”. Siamo nel 2033 e tutto (ma dico tutto, pure la sanità) sembra controllato da una super Corporation nota come la “Grande Z” (che ha pure un simboletto mica male). In tale contesto si scatena una caccia ad un frammento di un papiro dell’antico Egitto (il Canone di Torino), condotta da Arthur J. Adams, un ricercatore dell’Università di York.

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La prima tappa delle ricerche non può dunque che portare al capoluogo piemontese, che, come noto, ospita il secondo museo egizio più importante al mondo (che fa da ambientazione a varie scene), dopo quello de Il Cairo. E da lì il nostro eroe sarà costretto a girare mezzo Piemonte, in un tourbillon di spostamenti degno della giornata tipo di un agente di commercio.

Ah, dimenticavo: in una serie di flash-back ci viene proposta l’infanzia di Arthur ed, in particolare, un episodio che lo vede assistere alla morte del padre durante una missione esplorativa in mare aperto, poco dopo che aveva scoperto alcuni reperti egizi sommersi e recuperato una Ankh, la chiave della vita dell’Antico Egitto (la Broken Key di cui al titolo).

Questo è, bene o male, ciò che si capisce della trama, che per il resto si trasforma in un minestrone di mistero e suggestioni esoteriche, in cui, tanto per non farsi mancare nulla (e per mantenere il rapporto di parentela intellettuale con Il Codice Da Vinci, addirittura citato nel trailer), si coinvolgono personalità come quelle di Dante Alighieri, Nikola Tesla e Hieronymus Bosch.

Al centro delle vicende c’è la città di Torino, che si trasforma in santuario dell’occulto a cielo aperto. Chi bazzica il capoluogo piemontese (o chi ci ha vissuto e tuttora ci lavora, come il sottoscritto), conosce bene la fama di “città magica” che si è costruita la cara vecchia Augusta Taurinorum, ritenuta al contempo uno dei vertici del cosiddetto “triangolo della magia bianca” (insieme a Praga e Lione) e di quello della “magia nera” (insieme a Londra e San Francisco). Su tale reputazione Louis Nero fonda la parte misteriosa del film, che per il resto si sposta in altre suggestive (e poco sfruttate cinematograficamente) location piemontesi come la Sacra di San Michele, il paesino di Saliceto, il castello di Rosazza, le grotte di Bossea. Non poteva mancare una scena nella splendida Galleria Grande della Reggia di Venaria, quest’ultima invece più utilizzata dal cinema nostrano.

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Peccato che questo saltare con frenesia da una location all’altra risulti a tratti davvero frettoloso, oltre che forzato e in un certo qual modo fastidioso. C’è un punto, in particolare, in cui la smania di spostarsi da una parte all’altra di Torino induce quasi alle vertigini, con la sensazione di trovarsi su uno di quei bus turistici hop-on hop-off (la scena in cui, in poco più di cinque minuti, si passa, con pretesti assolutamente sbrigativi, da Piazza Solferino a Piazza Statuto, quindi alla chiesa della Gran Madre e infine alla Mole Antonelliana).

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Passando al capitolo attori, si ottiene la seconda certezza di chi guarderà la pellicola (la prima è quella che la location cambierà mediamente ogni 120 secondi): ogni cinque minuti qualcuno morirà. E non qualcuno a caso: moriranno tutti quei grandi nomi del cast che sono stati reclutati per calamitare l’attenzione (forse addirittura internazionale) sulla pellicola. Tutte quelle stelle (Rutger Hauer, Michael Madsen, Christopher Lambert, Geraldine Chaplin, Franco Nero, William Baldwin, Maria De Medeiros, Kabir Bedi) il cui cachet sarebbe stato sicuramente più elevato se non si fossero fatti liquidare in pochi minuti. Ed infatti tutto il film sembra, da un punto di vista del casting, una collezione di cammei. Con una furbata della produzione, peraltro, tutti questi nomi celebri sono stati messi in cima all’elenco degli attori presenti nel film (basti guardare la locandina), quando in realtà sono soltanto comprimari. Perché i protagonisti sono invece i decisamente meno noti Andrea Cocco (nel ruolo di Arthur Adams) e Diana Dell’Erba (una ragazza che si unisce a lui nelle ricerche): due che nella locandina manco ci figurano!!!

Andrea Cocco (che detto per inciso è il modello italo-giapponese vincitore del Grande Fratello 11) non sarebbe neanche male quanto a presenza scenica, risolvendosi in un Keanu Reeves de noantri. Peccato che dimostri in varie occasioni di non saper recitare (o almeno non ancora).

Ma non è tutto. Perché gli aspetti da criticare non sono finiti (e premetto che io sono uno che difficilmente arriva a stroncare così brutalmente un film, cercando sempre di sforzarmi di trovare i lati positivi delle opere che vedo): la sceneggiatura, opera dello stesso regista, insieme a Giancarlo Guerreri e ad As Chianese, regala alcuni dialoghi francamente imbarazzanti, oltre al fatto di essere per una buona metà difficile da seguire; la fotografia (anche qui opera di Louis Nero, insieme a Davide Borsa) riesce nel difficile compito di essere ottima nelle scene in notturna e banale in quelle diurne, con tonalità pseudo-documentaristiche (si veda in particolare tutta la sequenza girata alla Sacra di San Michele – con panorami sulla Val di Susa – che conferma la malcelata natura di promozione turistica della pellicola, quasi come se dietro il film ci fosse l’assessorato al turismo della Regione Piemonte, più che una casa di produzione cinematografica); infine, la colonna sonora di Lamberto Curtoni è spesso fuori luogo, a tratti fastidiosamente cantilenante, spesso eccessivamente invadente.

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Insomma, è davvero un tale disastro questo film? Beh se devo essere sincero… sì. Ma ciò non toglie che abbia anche alcuni aspetti positivi. In particolare, degni di nota sono gli effetti speciali, tra ologrammi futuribili e smartphone e netbook trasparenti. Un comparto VFX che ha poco da invidiare a produzioni più blasonate e che ci mostra una Torino del futuro (Anno Domini 2033) decisamente affascinante, con un panorama notturno riproposto in vari momenti del film (peccato sia statico e sempre il medesimo). La vista dal Monte dei Cappuccini (dove si trova la stanza d’albergo del protagonista) ci mostra una Piazza Vittorio Veneto che sembra una piccola Times Square, una Mole Antonelliana in cui troneggia la proiezione luminosa dell’occhio di Horus e vari grattacieli in lontananza, con alcuni fari in stile Gotham City. Una strizzata d’occhio, in salsa piemontese, al Blade Runner dell’82 (più che al suo recente sequel, che da un punto di vista visivo è avanti anni luce).

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Non ho trovato notizie certe circa il budget della pellicola, ma tra effetti speciali e cachet della troupe di divi ingaggiati (e dei doppiatori di primo piano chiamati a dar loro voce, tra tutti Francesco Pannofino e Luca Ward), devo immaginare che non sia costato poco. Si parlava, in alcuni articoli di stampa di qualche anno fa, di due milioni di euro, ma sono pronto a scommettere che la cifra sia lievitata.

Di sicuro c’è il fatto che il film è stato, almeno per il momento, un grosso flop, con incassi insoddisfacenti, nonostante una distribuzione che lo aveva portato ad essere proiettato in circa 160 cinema italiani (che sono diventati 5 dopo una settimana, e ho detto tutto).

Non credo proprio che le case di produzione (quella del regista Louis Nero, L’Altrofilm, e la Torino Film Production, che pare sia stata costituita ad hoc per questa pellicola – e che peraltro è una S.r.l., e anche qui… ci siamo capiti) riescano a rientrare dell’investimento. Immagino comunque che non siano mancati i contributi pubblici, sotto forma di patrocini vari, in primis della Città di Torino.

Il film sarà destinato anche alla distribuzione internazionale, attraverso la Fantastic Films International, ma a meno che non succedano dei miracoli difficilmente la pellicola potrà avere successo oltre confine, considerata la misera accoglienza nostrana.

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The Broken Key

2017

Italia

120 min

Regia e Soggetto: Louis Nero

Sceneggiatura: Louis Nero, Giancarlo Guerreri, As Chianese

Fotografia: Louis Nero, Davide Borsa

Musiche: Lamberto Curtoni

Interpreti principali: Andrea Cocco (Arthur J. Adams), Diana Dell’Erba (Sarah Eve), Marco Deambrogio (James Mind), Walter Lippa (Taron Iron), Rutger Hauer (Prof. Adrian Moonlight), Michael Madsen (Tullio De Marco), Christopher Lambert (Conte Rosebud), Geraldine Chaplin (anziana signora alla Mole), Franco Nero (Hiram Abif), William Baldwin (Frate Hugo), Maria De Medeiros (Althea), Kabir Bedi (Fahrid Al Kamar)

17 pensieri riguardo “Al cinema: The Broken Key, di Louis Nero

  1. Ero curioso di vederlo anche perché lo hanno girato a chilometro zero da dove sto io, mi ha fatto piacere questo commento, non schierato o disfattista a tutti i costi, spero di riuscire a vedere il film e farmi un’idea, intanto mi sono goduto questo post 😉 Cheers

    1. Ma sì guarda la mia è una sincera delusione più che un desiderio di infierire sul film, che di solito non mi appartiene… però fai bene a vederlo e anzi è giusto che lo si veda perché magari a qualcuno può anche piacere… peccato però che stia letteralmente sparendo dalle sale, e dopo pochissimo tempo, brutto segno…

    1. 😀😀😀 eh ma è periodo, in questi giorni da queste parti c’è pure il bagna cauda day, oltre al tff… l’associazione è venuta spontanea 😀😀😀

      1. ahahah tanto nella locandina hanno messo qualunque cosa tranne che gli attori protagonisti, quindi in effetti potrebbe starci anche questa frase, perché no…
        anzi, magari da un punto di vista del marketing avrebbe pure un certo appeal 🙂 🙂

      2. sì devo dire che il trailer l’ho visto dopo aver guardato il film (so che di solito si fa al contrario, ma fa parte dei miei problemi 🙂 )…
        in realtà è andata così:
        – visto il film al cinema;
        – espressa la mia delusione ai colleghi del blog, ma con la volontà di scriverne comunque;
        – il collega di blog @xtb4tragicomix mi ha detto: “ma come non l’avevi visto il trailer? sì capiva dai!”
        – guardato il trailer
        – quando ho visto la citazione a caratteri cubitali de Il Codice Da Vinci: “can’t believe it!!”

  2. Poteva essere un capolavoro del trash all’italiana, ma ho l’impressione che il regista si prenda dannatamente sul serio…

    1. su questo non ci piove!! 😉
      devo dire che è il suo primo film che vedo… ma devo anche ammettere che mi è venuta la curiosità di vederne qualcun altro suo, per capire come inquadrare quest’opera…

    1. guarda, ribadisco che è un film che a suo modo è assolutamente da vedere, quanto meno per capire come si possono letteralmente buttare nella spazzatura un budget plurimilionario e un cast di tutto rispetto…
      peccato che ormai non lo si trova più al cinema (in realtà era sparito dalle sale già dopo una settimana)…
      pure l’enclave esoterica di Torreano di Martignacco (UD) dove si trova l’ultimo cinema in cui il film è stato proiettato (storia vera) ha dovuto gettare la spugna…
      ma una delle cose più interessanti di questo film è la presenza in rete di alcune recensioni che inneggiano al capolavoro (giuro, quantevvera’maronn che ciò che dico è vero! lo fanno sul serio!)…
      gente chiaramente legata alla produzione del film e che ha la faccia più bronzea di quella del David di Donatello… 😀 😉

      1. L’ho finalmente visto! Cagata davvero incredibile e pazzesca O_O dubito che qualcuno che non ami lammmerda o Torino possa mai avvicinarvisi. Sta roba è un miracolo persino che ci sia arrivata, nei cinema. A suo modo sì, stupefacente

      2. No vabbè, secondo me ha il cash, mi chiedo a mia volta perché abbia tutto questo cash, che qualcuno glieli dia per meriti artistici mi sembra improbabile

Commenti

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