Ormai i film ispirati ai romanzi di Robert Harris possono quasi costituire un canone. Siamo quasi di fronte a un Robert Harris Cinematic Universe (con questo dovremmo essere arrivati a quota sei), solo che non sempre il libro può finire nelle mani di un Polanski, che dalle opere dello scrittore inglese aveva tratto L’uomo nell’ombra (ispirato a Il Ghostwriter) e, soprattutto, L’ufficiale e la spia. Non sempre puoi avere Polanski, talvolta ti capita un Christian Schwochow qualunque, onesto mestierante cinetelevisivo e niente più.
Siamo di nuovo dalle parti della Storia (con la maiuscola) che incontra la storia (con la minuscola) di spionaggio, esattamente come in L’ufficiale e la spia, che però era un capolavoro, mentre questo film Netflix che ruota attorno alla Conferenza di Monaco del 1938 al capolavoro non ci si avvicina neanche un po’ e nemmeno al film degno di essere ricordato. A Monaco si riunirono Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier, sottoscrivendo un accordo che ritardò di fatto l’inizio della Seconda guerra mondiale, dando a Hitler il via libera all’annessione della regione ceca dei Sudeti, che diversamente si sarebbe preso con la forza. Attorno a quell’evento Harris – che del film è anche produttore, oltre che soggettista – costruiva nel romanzo una spy story fiction ispirata alla figura di Adam von Trott, diplomatico tedesco membro della Resistenza ai tempi del Nazismo, giustiziato dopo aver preso parte al fallito complotto per attentare alla vita del fuhrer nel 1944.
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