Su Netflix: Monaco – Sull’orlo della guerra, di Christian Schwochow

Ormai i film ispirati ai romanzi di Robert Harris possono quasi costituire un canone. Siamo quasi di fronte a un Robert Harris Cinematic Universe (con questo dovremmo essere arrivati a quota sei), solo che non sempre il libro può finire nelle mani di un Polanski, che dalle opere dello scrittore inglese aveva tratto L’uomo nell’ombra (ispirato a Il Ghostwriter) e, soprattutto, L’ufficiale e la spia. Non sempre puoi avere Polanski, talvolta ti capita un Christian Schwochow qualunque, onesto mestierante cinetelevisivo e niente più.

Siamo di nuovo dalle parti della Storia (con la maiuscola) che incontra la storia (con la minuscola) di spionaggio, esattamente come in L’ufficiale e la spia, che però era un capolavoro, mentre questo film Netflix che ruota attorno alla Conferenza di Monaco del 1938 al capolavoro non ci si avvicina neanche un po’ e nemmeno al film degno di essere ricordato. A Monaco si riunirono Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier, sottoscrivendo un accordo che ritardò di fatto l’inizio della Seconda guerra mondiale, dando a Hitler il via libera all’annessione della regione ceca dei Sudeti, che diversamente si sarebbe preso con la forza. Attorno a quell’evento Harris – che del film è anche produttore, oltre che soggettista – costruiva nel romanzo una spy story fiction ispirata alla figura di Adam von Trott, diplomatico tedesco membro della Resistenza ai tempi del Nazismo, giustiziato dopo aver preso parte al fallito complotto per attentare alla vita del fuhrer nel 1944.

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Su Netflix: Don’t Look Up, di Adam McKay

Mancava praticamente solo la mia voce a unirsi al coro che ha accompagnato l’uscita di Don’t Look Up su Netflix, lodandolo o criticandolo aspramente a seconda di quanto ci si sia sentiti punti sul vivo dalla satira di Adam Mckay. Certamente non si tratta di un film leggero o da guardare passivamente mentre si elabora il pranzo di Natale, per cui ho molto messo in discussione, a posteriori, la scelta di vederlo a capodanno dal momento che sarebbe stato lecito inaugurare il 2022 con qualcosa di più positivo; visto però l’andamento che quest’anno ha già preso, non mi sembra così fuori luogo iniziarlo con un approfondito esame del perché facciamo tutti così irrimediabilmente schifo

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Su Netflix: Red Notice, di Rawson Marshall Thurber

Excusatio non petita. Le scuse non richieste sono sempre più presenti nei film ad alto contenuto di improbabilità per giustificare le forzature di sceneggiatura, quelle che generalmente portano il pubblico a storcere il naso e ad agitare ritmicamente il ditino in aria ergendosi a guardiano della coerenza logico-temporale-narrativa. E quindi gli sceneggiatori, per prevenire qualunque possibile rimostranza, anticipandola, hanno iniziato sistematicamente a inserire battute e battutine che giustifichino a priori qualunque ipotetica incongruenza. Il risultato potrebbe sconfinare nel riconoscimento di un’arguzia sopraffina (da parte di chi, in realtà, a quei controsensi non ci aveva neanche pensato) e invece, nella stragrande maggioranza dei casi, quelle excusationes si risolvono in spiegoni mascherati o battute che anticipano spiegoni mascherati. E in certi casi, in spiegoni non richiesti.

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Su Netflix: Il Divin Codino, di Letizia Lamartire

In quest’estate dominata (calcisticamente) dagli europei in differita di un anno, conclusisi trionfalmente per l’Italia, è uscito su Netflix (già da qualche settimana) un film su Roberto Baggio detto Roby.

“R. Baggio” sulla maglietta della nazionale italiana a USA ‘94, nel primo anno in cui si iniziarono a usare i nomi sopra il numero. “Erre puntato” per distinguerlo da Dino Baggio, il meno famoso omonimo che resta scolpito nella nostra memoria soprattutto per quell’accento esasperato sul “Diiino” che usava Bruno Pizzul, con la sua iconica cadenza, leggendo la formazione o citandolo durante le fasi di gioco (mai troppo concitate, nel calcio dei primi anni Novanta che rispetto a oggi sembra un altro sport).

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Su Netflix: Love and Monsters, di Michael Matthews

Di storie con un protagonista fifone che diventa l’eroe suo malgrado ok, ce ne sono a bizzeffe, sotto questo profilo niente di nuovo. Però dai, ci sono anche quei sentieri nel bosco che hai percorso mille volte, eppure ogni volta c’è qualcosa di magico e di diverso. No? Generalmente, la gioia di una ripetizione saporita mette insieme la nostra esigenza di gravitare attorno a una comfort-zone a quella di esplorare nuovi territori (del tipo: cerco un po’ d’Africa in giardino). Fatta questa premessa, dalla quale avrete facilmente intuito che tra i pregi di questo film non figura l’originalità del soggetto, ci chiediamo: quali potrebbero essere dunque gli ingredienti per rendere più sfiziosa la proverbiale “minestrina” del post-apocalittico sottogenere survival-comedy? Proviamo a stilare un elenco (scusate il plurale maiestatis, mi è sempre piaciuto).

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5 anni di Netflix Italia – I migliori film Netflix Originals

22 ottobre 2015. In Italia sbarca Netflix, il colosso americano dello streaming che già tanto aveva fatto parlare di sé in tutto il mondo. Dalla sua fondazione, avvenuta nel 2007, Netflix si era guadagnata la posizione di leader di un mercato di cui ancora non si era percepito il potenziale.

A quel tempo aveva già 70 milioni di abbonati in oltre 50 Paesi. Oggi viaggia verso quota 200 milioni, obiettivo che la società californiana conta di raggiungere entro fine 2020.

Il ruolo di questa compagnia – che col tempo è stata copiata da molti grandi competitor internazionali, da ultimo anche dalla Disney – è passato da quello di distributore in streaming di film e serie tv prodotti da altri, a quello – ormai prevalente – di distributore di opere in esclusiva, i cosiddetti Netflix Originals, che col tempo sono diventati sempre più numerosi e, in alcuni casi, di qualità, arrivando ad aggiudicarsi i più ambiti riconoscimenti internazionali.

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Su Netflix: La Famiglia Willoughby, di Kris Pearn

La-famiglia-Willoughby-2020-film-posterC’è sempre un certo grado di scetticismo nel momento in cui Netflix presenta un film originale: una ormai lunga tradizione di amare e mediocri sorprese hanno raffreddato gli animi e reso diffidente anche lo spettatore più ottimista. Capita però a volte che, anche nel bel mezzo del periodo più nero della storia contemporanea, una piccola sorpresa arrivi a scaldare il cuore e ridare fiducia nel colosso dello streaming, una sorpresa passata magari per lo più in sordina, non molto pubblicizzata o chiacchierata. Questa è stata la sorte di La Famiglia Willoughby, un piccolo film d’animazione che ho scoperto davvero per caso ma che si è dimostrato un prodotto pregevole e sorprendente, soprattutto per il candore con cui affronta un argomento quantomeno controverso. Ma andiamo con ordine, e vediamo di cosa parla; attenzione, faccio spoiler!

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i migliori film Netflix del 2019

Le classifiche non sono mica finite! Ecco a voi l’ultima top ten pseudo-oggettiva (l’oggettività, questa chimera!) riferita all’anno che si è appena concluso: quella dei migliori film Netflix (i cosiddetti Originals) usciti in Italia nel 2019 sulla celebre piattaforma di streaming.

Una classifica pseudo-oggettiva perché non è redatta secondo le nostre preferenze, bensì – un po’ come funziona per il nostro Termometro delle sale, che usiamo tuttavia soltanto per i film usciti al cinema – sulla base dei giudizi espressi dal pubblico e dalla critica, come rilevati da quattro siti di rilievo internazionale: Netflix Lovers, IMDB, Metacritic e Rotten Tomatoes.

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Su Netflix: Highwaymen – L’ultima imboscata, di John Lee Hancock

Vedere Kevin Costner con le rughe a raggiera attorno agli occhi fa un certo effetto a chi, come me, lo ha visto giovane, gigione e rampante sul grande schermo. Il sex symbol degli anni ’90, quello meno tormentato e più “classicamente hollywoodiano”, ora corricchia con i braccini alti e guardinghi (pronti a parare ogni fatale ruzzolone) e ha il fiatone; viste le parecchie similitudini con l’altro recente noir western targato Netflix, Hell or High Water – per ambientazione, tematica e, appunto, l’eroe anziano, là interpretato da un marmoreo Jeff Bridges – verrebbe da pensare che la regina dello streaming si sia affezionata alla figura del vecchio lupo spelacchiato che ritorna, per onore e senso del dovere, ad annusare le tracce sulla pista.

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