books about movies: La conquista dell’inutile, di Werner Herzog

Il diario di lavorazione di uno dei più folli e ambiziosi progetti cinematografici del Novecento è per definizione un oggetto prezioso per chiunque voglia provare a comprendere tale progetto in tutti i suoi aspetti, dalla genesi allo sviluppo.  

Il film in questione è Fitzcarraldol’opera più impegnativa e grandiosa di Werner Herzog, dal punto di vista produttivo e non solo. E La conquista dell’inutile è il diario di due anni e mezzo (dalla metà del ’79 alla fine del 1981) di una produzione travagliatissima, durante i quali non sono mancati incidenti, disgrazie e imprevisti di ogni sorta.  

Dai complicati rapporti con le tribù indios, alle accuse che piovvero sistematicamente nei confronti del regista bavarese (di sfruttamento, ma anche, addirittura, di traffico di droga e di armi). Dai problemi economico-finanziari, a quelli amministrativi politici. Dall’intrinseca difficoltà dovuta al fatto di dover girare in luoghi isolati e difficili da raggiungere, ai più generici problemi che riguardano la produzione di qualunque film (quelli con gli attori, le comparse e l’organizzazione in generale) e che si amplificano all’inverosimile quando ti trovi in una terra straniera, circondato da indios volenterosi ma comunque di ideali primitivi. 

È tutto raccontato con dovizia di particolari, e anche, in certi passaggi, con un minimo di slancio poetico. Ma Herzog non ricorre mai all’orpello stilistico fine a se stesso, mantenendo costantemente un approccio ruvido e pragmatico, che del resto lo contraddistingue anche nei suoi film. Nello scrivere il diario di produzione di un’opera che è di fatto la storia di un sogno e di quanto esso si riveli effimero, Herzog non manca di raccontare i propri sogni, accanto alle proprie angosce e ai momenti – inevitabili in un progetto così ambizioso – di scoramento e disillusione. Ma ci sono anche astruse elucubrazioni scientifiche che nella loro ingenuità servono soltanto a dare atto dell’incredibile eclettismo e fervore intellettuale della mente di Herzog. 

In certi momenti è il diario stesso a trovarsi a risentire delle problematiche produttive occorse in Amazzonia. E così c’è un grosso buco tra la fine del ’79 e l’estate del 1980, quando il film si dovette fermare per varie vicissitudini. E c’è un’altra ellissi dovuta al rosicchiamento di uno dei quaderni (su cui Herzog scriveva il diario) da parte delle termiti, che con la loro naturale voracità cancellarono due mesi di ricordi. 

E tra i ricordi di Herzog ci sono anche quelli che, pur non interessando direttamente la produzione del film, riguardano il suo incontro con la Storia, mentre era impegnato a costruire quella sua opera. Herzog si trova a Londra mentre Kubrick sta girando Shining, e incontra il suo illustre collega, ma anche il protagonista del film, Jack Nicholson, che gli chiede di lavorare con lui. Herzog è a New York qualche giorno dopo l’assassinio di John Lennon, a pochi isolati di distanza dal Dakota Building, proprio mentre stava per ingaggiare Mick Jagger come coprotagonista del film (parte poi abbandonata dalla rockstar, pur dopo aver girato varie scene, per impegni legati al tour con gli Stones – nonché a causa dei ritardi accumulati nella produzione del film). Herzog è in Perù nei giorni del golpe in Bolivia (1980), che fece rimbombare la sua eco in tutto il Sudamerica, e per l’appunto anche nello stesso politicamente instabile Perù. E si trova in Perù quando scoppia la Guerra del Falso Paquisha, al confine con l’Ecuador, tra due paesi che non erano mai andati troppo d’accordo. Altre notizie storiche di quegli anni (come, ad esempio, quelle degli attentati a Reagan e a Wojtyla) giungono invece frammentate e vaghe proprio a causa della distanza dalla civiltà nei giorni in cui Herzog e la sua troupe si trovavano a girare in piena giungla amazzonica. 

La conquista dell’inutile è un testo prezioso per tutti questi motivi e per tutto quel che racconta. Non ha sicuramente le ambizioni – soprattutto stilistiche – dell’opera narrativa di ampio respiro, bensì quelle di uno strumento volto a preservare la memoria di giorni tra i più incredibili e allucinanti della storia delle produzioni cinematografiche del Novecento. Eppure, il libro riesce a mantenere un taglio talvolta epico e a catturare il lettore anche e proprio per questa sua irregolarità strutturale, per questo continuo spaziare tra pensieri, semplice cronaca dei fatti e resoconto accorato di eventi particolarmente intensi o addirittura sconvolgenti. 

È un libro che permette davvero di capire come Herzog abbia potuto portare avanti uno sforzo così grande, resistendo a tutti quegli inconvenienti e ricominciando più volte da zero, senza mollare, ma credendo nella possibilità di esaudire i propri sogni. 

«Se io abbandonassi questo progetto sarei un uomo senza sogni, e non voglio vivere in quel modo. Vivo o muoio con questo progetto». (Werner Herzog)

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La conquista dell’inutile, di Werner Herzog (Mondadori, 2007, 350 pagg.)

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