Speciale Scuola: Essere e avere, di Nicolas Philibert

essere e avere 1Quando mia sorella, di professione insegnante elementare, mi disse, qualche tempo fa, che nel paesino di montagna vicino al luogo in cui sono cresciuto c’era una scuola formata da un’unica classe – dalla prima alla quinta, tutti insieme – beh, devo dire che dapprima faticavo a crederci e subito dopo a rappresentarmelo. Poi ho ricordato questo film del 2002 di Nicolas Philibert, un piccolo gioiellino di realismo scolastico, che narra proprio delle vicende di un maestro francese che opera in una scuola a classe unica di Saint-Étienne-sur-Usson, nel Massiccio Centrale. Siamo nell’Alvernia che fu di Vercingetorige e che oggi, con l’eccezione dei pochi grandi centri urbani, regala prevalentemente scenari rurali.

La classe in cui insegna Georges Lopez, poliedrico insegnante ormai prossimo alla pensione, ha addirittura un range di età che comprende coloro che nel nostro sistema scolastico sarebbero destinati alla scuola d’infanzia (la materna, per chi – come il sottoscritto – è affezionato alle nomenclature ante riforma Moratti). Vi sono, infatti, bambini che vanno dai tre/quattro anni sino ad oltre dieci. Tutti insieme, raggruppati all’interno dell’aula per fasce di età.

Presentato fuori concorso al 55º Festival di Cannes, il film è a tutti gli effetti un documentario, il format probabilmente più adeguato per descrivere la quotidianità scolastica di bambini così piccoli, preservandone la naturalezza. Come adeguata è la scelta del distributore italiano di mantenere le voci originali, limitandosi alla sottotitolazione in italiano, anziché introdurre un doppiaggio che avrebbe inevitabilmente finito per distorcere la genuinità dell’opera.

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Essere e avere è una pellicola all’insegna della lentezza, richiamata fin dalla metafora iniziale – invero un po’ forzata – delle tartarughe che si aggirano per la classe vuota.

Una lentezza quasi esasperante, ma che fotografa le cadenze di quell’angolo di Francia dove si vive ancora seguendo i ritmi della campagna e, soprattutto, delle stagioni.

E le stagioni hanno infatti un’importanza fondamentale, aprendosi il film in un inverno freddo e desolante, che vede poco alla volta sparire le tracce di neve per consentire alla primavera di affacciarsi e di accompagnare a sua volta tutti nell’estate. La stagionalità dei ritmi – una tendenza tipica del cinema asiatico – fornisce l’occasione per lo sviluppo di un’ottima fotografia, che alterna le nature morte delle aule scolastiche alla natura vivissima dei paesaggi, che via via si risvegliano dal torpore invernale.

La Francia multiculturale non è prerogativa delle grandi città, come ci ricorda la composizione etnica della classe in cui insegna il maestro Lopez (già questo aspetto rende il film apprezzabile in questi tempi di razzismo latente: l’integrazione perfetta, la naturalezza di bambini che sono soltanto tali). I piccoli si cimentano con le loro prime letture o lottano contro oggetti più grandi di loro. I più grandi imparano le tabelline e la geometria. Molti di loro sono già perfetti contadini (guidano il trattore, lavorano con perizia all’interno della stalla), ma non sono ancora cittadini formati, come vuole suggerirci Philibert, mettendo in mostra le difficoltà di alcuni nel fare di conto. E poi le baruffe tra compagni, che nascondono malesseri in cui il premuroso maestro si affretta a scavare. Il mutismo di chi soffre per ragioni di famiglia (la malattia che ha colpito il padre di uno dei ragazzi) e quello di chi è invece affetto da una forma di autismo.

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La regia di Philibert è apparentemente neutra, seguendo in disparte la quotidianità della scuola. Eppure non mancano alcuni richiami stilistici che tendono a elevare il contenuto tecnico della pellicola: i frequenti dettagli, con insistenza sulle mani (chiaro debito verso Bresson); la sequenza della reprimenda, con l’inquadratura fissa sui due alunni, della durata di svariati minuti, senza alcun controcampo sul maestro che li sta (dolcemente) rimproverando (e qui vengono in mente alcune soluzioni fatte proprie dalla Nouvelle Vague).

Si immortalano le smorfie, gli attimi di noia e di gioia, di incertezza degli affetti (“sei mio amico?” chiede una bambina a tutti quelli che le passano vicino); il momento dei saluti di fine anno, di quegli arrivederci che si sa già che sono degli addii.

Emozioni che gelano il sangue, come quelle che prova il maestro, rimasto solo, sulla porta di un’aula ormai vuota.

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Être et avoir (2002, Francia, 104 min)

Regia: Nicolas Philibert

Fotografia: Christian Guy

Musiche: Philippe Hersant

5 pensieri riguardo “Speciale Scuola: Essere e avere, di Nicolas Philibert

    1. Grande Massi, allora auguri alla tua piccola e speriamo che incontri un maestro/ una maestra illuminato/a come Georges Lopez…
      ps: a questo punto se ti capita sotto mano dai un’occhiata al film, anche se difficile da recuperare (io tredici anni fa ebbi l’intuizione di comprare il dvd che vendevano insieme ad Internazionale)…

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