Al cinema: First Man – Il Primo Uomo, di Damien Chazelle

locandinaQuando è stata diffusa la notizia che Damien Chazelle avrebbe diretto il biopic su Neil Armstrong si è scatenata l’ilarità generale: dopo ben tre film musicali, le malelingue dissero che il regista Premio Oscar per La La Land avesse sbagliato Armstrong e si ritrovasse ora costretto a raccontare la storia di un astronauta invece di quella di un jazzista. Mentre tutti ridevano, però, Chazelle ha lavorato, e il risultato è First Man, un film capace di segnare un punto fisso all’interno della sua filmografia funzionando come spartiacque tra una produzione segnata dal cinema di genere, quello musicale, e una invece interessata a raccontare storie molto diverse sebbene con un occhio di riguardo agli elementi che hanno reso perfettamente riconoscibili i suoi film, primo tra tutti l’attenzione maniacale rivolta al sonoro.

First Man segue la storia di Neil Armstrong (Ryan Gosling) e del lungo lavoro della NASA che culminò con l’allunaggio dell’Apollo 11 nel 1969, punto di arrivo del programma spaziale statunitense in guerra con le missioni sovietiche e nuovo punto di partenza per le esplorazioni e le missioni successive. Ma soprattutto, First Man è la storia privata e personale del cosmonauta, che si fa strada tra lutti e tragedie per raggiungere il suo obiettivo, drammi che costituiranno il motore principale che lo porterà prima a iscriversi al programma spaziale e poi a camminare sulla Luna, segnando un punto di svolta per sé e per l’umanità intera, come sottolinea la sua frase iconica pronunciata appoggiando per la prima volta il piede sul nostro satellite.

Un nuovo spartiacque, dunque, che come la scoperta dell’America segnò l’inizio di una nuova epoca in cui il cielo non era più un limite ma l’universo arrivava finalmente a portata di mano, e l’uomo poteva raggiungere l’astro che fin dall’antichità ha forse sognato più di tutti gli altri, con il fascino che ha generato con la sua luce argentata nel corso dei secoli. E proprio quella luce scandisce le tappe del percorso, scientifico e umano, messo in scena da Chazelle, che usa le immagini della Luna come una punteggiatura che insistentemente ricorda ad Armstrong, e a tutti noi, quale sia l’obiettivo che l’uomo deve raggiungere, in modo talvolta forse eccessivamente pedante ma che ben rappresenta la famelicità del sogno umano di rompere la volta celeste e raggiungere l’inarrivabile, ottenere quello che fino a quel momento era giudicato impossibile: camminare su un altro mondo, esplorarlo, e perché no, forse in futuro abitarlo.

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Un desiderio che Chazelle riesce a scollegare con intelligenza dai triti discorsi sull’imperialismo americano semplicemente omettendo il dettaglio della bandiera statunitense piantata nel suolo lunare da Neil durante la sua passeggiata. Una scelta dettata da motivi narrativi, dal momento che la storia di First Man è prima di tutto la storia personale di Neil, ma che sposta l’attenzione da una prospettiva politica a una umanitaria, con un senso di fiducia positivista nella capacità della scienza di migliorare la condizione dell’uomo, fisicamente ma anche, e soprattutto, a livello intellettuale, aprendolo verso quelli che sono letteralmente nuovi orizzonti. Chazelle dimostra di possedere una fiducia enorme nell’umanità e nella sua capacità di crescere e migliorarsi, senza per questo essere cieco ai problemi che questo processo provoca, come dimostra la breve sequenza centrale dedicata agli oppositori delle missioni spaziali, i cui argomenti, di carattere prettamente umanitario, sono quantomai realistici e condivisibili.

Il focus è comunque strettissimo sul protagonista, dando vita a un film atipico in cui l’epica del viaggio e della conquista è sostituita da un atteggiamento più raccolto e intimista, in cui la scena è equamente divisa tra i momenti famigliari e quelli di viaggio tra le stelle. Una scelta che talvolta non riesce a garantire un eguale peso alle due componenti, con la storia del programma spaziale troppo spesso messa in pausa per fare spazio a intermezzi domestici che sembrano faticare a trovare una propria ragione d’esistere all’interno di un film dedicato all’esplorazione spaziale, ma che non di meno arricchiscono tutti i personaggi protagonisti. Se la performance di Ryan Gosling può essere considerata quantomeno discutibile in più parti, a brillare di luce propria è invece Claire Foy nel ruolo di Janet, moglie di Neil, una donna che prende più volte in mano la situazione mettendo il marito di fronte alle proprie responsabilità; un ruolo secondario che la Foy interpreta con grande passione, dando vita a un personaggio che rischia talvolta di restare maggiormente impresso del protagonista.

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Il cambio di argomento si traduce, per Chazelle, anche in una notevole diversità nello stile della sua regia, completamente diversa dall’aspetto patinato che hanno avuto, negli anni scorsi, Whiplash e La La Land. First Man è infatti girato quasi interamente con camera a mano, con le immagini costantemente sgranate da un effetto pellicola che dona al film un sapore squisitamente vintage anche grazie alle molte imperfezioni sparse nel corso del film, come il fuoco non sempre perfettamente calibrato all’interno della scena. E’ un film di oggi che vuole sembrare di ieri, correndo il rischio di far storcere più di un naso a causa della pervasività forse eccessiva di queste scelte stilistiche, in cui talvolta il regista sembra voler cercare rifugio portandole all’estremo. Allo stesso tempo, il tocco di Chazelle si riscontra nelle diverse scene di preparazione al lancio, che riprendono gli analoghi momenti di Whiplash in cui il tempo si ferma e l’attenzione si concentra sui gesti meccanici, sempre dimenticati dalla Storia perché invisibili e nascosti ma che più di tutti gli altri permettono alla missione di partire; se là ci si concentrava sull’accordamento degli strumenti e la loro manutenzione prima di suonare, qui si chiudono portelloni, si stringono bulloni, si scollegano cavi e si testano apparecchiature, operazioni fondamentali ma che raramente ottengono il centro della ribalta.

Ma è soprattutto un altro l’aspetto che risente maggiormente dell’azione di Chazelle, ed è il reparto sonoro. First Man vanta un mixaggio e un montaggio sonoro superbi, capaci insieme di costruire una colonna sonora alle immagini che riesce a fare a meno di un imponente commento musicale, sempre in punta di piedi e che solo nelle relativamente brevi sequenze nello spazio esplodono in un orchestrale. Per la maggior parte del film, la musica è molto discreta, quasi rarefatta, lasciando spazio ai suoni diegetici che compongono una partitura autonoma guidando le immagini che scorrono davanti ai nostri occhi; nonostante questo ritrarsi della musica, il compositore Justin Hurwitz non si nega la soddisfazione di inserire un classico valzer nella scena del primo viaggio spaziale on-screen di Neil, con un ammiccamento forse non necessario, ma comunque gustoso, al capolavoro di Kubrick. Un risultato eccezionale che costruisce un crescendo continuo che culmina con, appunto, l’orchestrale che accompagna la missione dell’Apollo 11 e, soprattutto, il silenzio assoluto durante la sequenza dell’allunaggio, sicuramente il momento più alto dell’intero film, narrativamente ed emotivamente.

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Con First Man, Chazelle segna un ulteriore progresso nella sua già notevole carriera da regista, dimostrandosi all’altezza di raccontare storie diverse e capace già ora di definire un suo stile piuttosto riconoscibile che potrà solo crescere con il passare degli anni. Non si tratta di un film perfetto; la sceneggiatura, ad esempio, colleziona alcuni scivoloni che avrebbe potuto evitare, e la natura di alcune scene si fa eccessivamente espositiva. Ma si tratta nel complesso di un ottimo film, che soprattutto nell’ultimo atto spicca letteralmente il volo per raggiungere le stelle.

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First Man (2018, USA, 141′)

Regia: Damien Chazelle

Sceneggiatura: Josh Singer

Fotografia: Linus Sandgren

Musiche: Justin Hurwitz

Interpreti principali: Ryan Gosling (Neil Armstrong), Claire Foy (Janet Armstrong), Corey Stoll (Buzz Aldrin), Kyle Chandler (Deke Slayton), Jason Clarke (Edward Higgins White)

15 pensieri riguardo “Al cinema: First Man – Il Primo Uomo, di Damien Chazelle

    1. ti ringrazio a nome di tutti (a parte Daniele, che già l’ha fatto) perché è il complimento più gratificante che si possa ricevere per chi -come noi- fa questo in via del tutto amatoriale 😀

  1. Bellissimo post per un film che hai gradito sicuro più di me, anche se siamo allineati sul film del giorno. Con Chazelle ho un rapporto complesso, ma questo suo film ha delle cose da dire, ho faticato per la prima metà e non mi ha preso al cuore, ma ho apprezzato l’idea di Chazelle di voler evitare la spettacolarità facile a tutti i costi, quello si 😉 Cheers

  2. Nemmeno io come Cassidy sono uscito soddisfatto dalla sala, però i complimenti per la recensione perfetta te li faccio lo stesso! 😉
    Ecco infatti a proposito del valzer di Hurwitz – scena molto bella! – non mi sento di dire che questo è il film “non musicale” di Chazelle, perchè anche se la musica non è protagonista quanto a soggetto, rimane comunque ben più che una accompagnatrice discreta delle sequenze, è proprio sangue della pellicola insieme ai calcolati silenzi.

    1. Sì, in effetti hai ragione. Io ho sempre dei problemi a parlare della musica perché spesso faccio fatica perfino a sentirla, come se mi scivolasse addosso mentre la mia attenzione è concentrata sulle immagini e sui dialoghi. Evidentemente è un aspetto del film che non ho capito del tutto, e ne ho avuto una lettura troppo superficiale.

      1. No no ma figurati, magari sò io a scandagliare troppo le spiaggette eh 😀
        Comunque in molti hanno visto una “assenza” a proposito della musica nel film, l’ho notato in parecchie recensioni anche di critici.

  3. Complimenti per aver messo l’accento sull’interpretazione di Claire Foy, in un ruolo che è facile fraintendere come unica donna “sepolta” in un cast di maschi, e invece è una delle carte vincenti del film

    1. Grazie! Non la conosco moltissimo,l’ho vista solo qui e in Ogni tuo respiro, ma in entrambi i casi mi è piaciuta da impazzire. Sarei curioso di vederla adesso in Millennium – Quello che non uccide, che sulla carta sembra un ruolo completamente diverso

  4. Volevo vederlo ma al cinema in lingua originale l’hanno tenuto pochissimo e alla fine me lo sono perso… peccato, perché mi sa che è di quei film che danno il meglio al cinema! Lo recupererò in DVD/bluray quando lo troverò!

    Gazie della recensione!

  5. visto ieri sera… devo dire che nel complesso mi è piaciuto, l’ho trovato un lavoro più che discreto, forse privo di particolari guizzi ma comunque valido.
    Gosling si conferma a suo agio con personaggi freddi e apatici, dopo Blade Runner 2049…
    fantastiche le scene di assoluto silenzio, tra cui quella dell’apertura del portellone dell’Apollo 11, soprattutto se gustate in un cinema con un pubblico disciplinato…
    per il resto io vedo Kubrick ovunque – ma del resto lo hai rilevato anche tu – e qui c’è tanto 2001, che a 50 anni di distanza continua a influenzare le scelte registiche e di produzione…
    e comunque: davvero un’ottima analisi

    1. Grazie!
      Anche io ho avuto la fortuna di vedere il film in una sala molto educata, nella sequenza dell’allunaggio se fosse caduto uno spilla in sala si sarebbe sentito! Mi era già successo nei momento più tesi di A Quiet Place e in alcuni dei momenti più delicati di Chiamami Col Tuo Nome, di avere una sala così silenziosa, e per me significa che il film sta arrivando dove puntava.

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