Confronti: Mezzogiorno di fuoco vs. Un dollaro d’onore

mezzogiorno_di_fuoco vs un dollaro d onoreTra i registi di spicco europei che nel corso del ‘900 solcarono l’Atlantico in cerca di fortuna figura il viennese Fred Zinnemann, che a trent’anni firmò il suo contratto con la Metro-Goldwyn-Mayer. Dopo una decennale gavetta a dirigere film a basso costo, Zinnemann iniziò a rifiutare soggetti di scarso rilievo cercando con determinazione la scalata verso la gloria, trovandola nel 1952 con l’immortale Mezzogiorno di fuoco (High Noon), western anticonvenzionale che schierava un maturo Gary Cooper e una giovane fascinosa Grace Kelly.

Il film in questione è una miscela indovinata di vari talenti, tra i quali oltre alla indimenticabile prova del protagonista vanno segnalati lo sceneggiatore Carl Foreman (premiato ai Writers Guild of America), l’asso del montaggio Elmo Williams (Premiato con l’ Oscar), il compositore Dimitri Tiomkin (premiato con ben due Oscar, uno per l’original score e uno per l’indimenticabile ballata “Do Not Forsake Me O My Darlin”) e il direttore della fotografia Floyd Crosby autore di uno splendido bianco e nero dagli accesi contrasti.

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Si tratta di una storia serratissima che mette al centro un vero e proprio dramma morale; lo sceriffo dimissionario Will Kane viene a conoscenza dell’inopinata scarcerazione del bandito Frank Miller, da lui arrestato e ora in procinto di tornare in città per vendicarsi, e si mette in cerca di aiuto tra i suoi concittadini per affrontarlo. Uno dietro l’altro, tutti i suoi vecchi amici come il sindaco, il giudice, il prete e perfino il suo vice si defilano lasciandolo solo con la sua nemesi. In questo triste getsémani western il vero protagonista è il tempo, scandito da un orologio a pendolo e dallo stantuffante accompagnamento musicale, che inesorabilmente ci conducono verso il “mezzogiorno di fuoco” in un crescendo di tensione; il tempo diegetico corrisponde quasi perfettamente al minutaggio del film – ogni minuto per lo sceriffo Kane è un minuto di apprensione per lo spettatore – riducendo al minimo la classica funzione di salto temporale attraverso i tagli di montaggio.

Il film, con questa sua visione disillusa e misantropica tipicamente europea, convinse pubblico e critica raccogliendo un grande successo internazionale (vinse 4 Oscar e 4 Golden Globes) ma suscitò un moto di stizza in due mostri sacri di Hollywood, Howard Hawks e John Wayne. Secondo loro, un vero sceriffo americano non avrebbe dovuto vagare per la città mendicando aiuto, né tantomeno gettare a terra la sacra stella con sdegno; l’idea cavalleresca del brave marshall hawksiano trovò compimento qualche anno dopo con lo script di Leigh Brackett e Jules Furthman, intitolato Rio Bravo, da noi passato alla storia come Un dollaro d’onore. Fatto curioso, viene riportato un po’ ovunque che il soggetto è una short story di tal B.H. Mc Campbell, la quale altri non è se non la figlia del regista che contribuì alla storia con l’innesto di una sola semplice scena (l’idea del lancio della dinamite da parte del vecchio Stumpy) e tanto bastò per conferirle il credit.

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La risposta di Hawks al film di Zinnemann è una produzione in grande stile, con ottimo successo di botteghino anche se completamente trascurata dall’Academy; il regista fece eco alle stesse atmosfere di tensione di High Noon, con l’imminente minaccia da parte di un delinquente nei confronti stavolta dell’integerrimo sceriffo Chance, impersonato da John Wayne. Si avvalse del medesimo compositore, l’ucraino naturalizzato Dimitri Tiomkin, al quale affiancò due star musicali quali Dean Martin, eccezionale nei panni del vice che cerca disperatamente di uscire dalla dipendenza dell’alcol, e il giovane divo rockabilly Ricky Nelson, bravo nella parte per quanto palesemente messo in lustro per una tipica manovra di marketing. Ad essi si uniscono l’irresistibile performance del vecchio Walter Brennan, veterano dell’innesto comico, e l’emergente Angie Dickinson premiata con il Golden Globe.

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A differenza dello sceriffo Kane di Gary Cooper, il Chance di John Wayne è un prototipo dell’eroe classico del West, impavido, indefesso tutore della legge e solitario non per fatalità ma per ammirevole scelta (quella di non mettere a repentaglio la vita di nessuno), il quale imparerà ad accettare seppur controvoglia l’indispensabile aiuto degli amici. Va sottolineato che il sodalizio tra Wayne e Hawks non ha forgiato solo esempi di “buon eroismo”, vedasi la indimenticabile performance di “Duke” nello stupendo Il Fiume Rosso del 1948, dove impersonava un rude ranchero affatto bonario.

Hawks non perde occasione per celebrare il senso di solidarietà, l’unione delle forze nella difficoltà, il valore dell’amicizia virile che per il vicesceriffo (mani tremanti, volto costantemente sudato, conosciuto da tutti come el borrachòn) rappresenta il forte approdo per ritrovare la dignità perduta e salvarsi dall’alcolismo. E impasta il tutto con una storia d’amore particolarmente zuccherina, condita con un pizzico di eros ma a tratti tediosa, in cui la bella decide di non partire con la diligenza per restare vicina all’uomo di cui si è fulmineamente innamorata, in fremente attesa dell’esito della fatidica resa dei conti.

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E dunque, la domanda finale: quale film esce vincente da questo confronto?

Non ci sono dubbi che oggettivamente la pellicola di Zinnemann sia costruita come un meccanismo semplicemente perfetto. L’umanità disillusa di Gary Cooper appare tristemente più reale della incrollabile integrità di Wayne, così come potrebbe avere maggior consonanza con la vita reale la meschina fuga collettiva da ogni coinvolgimento rispetto alla sacra abnegazione di sé di fronte all’altro in pericolo. Ciò nonostante, l’intento di Hawks ha in sè qualcosa di romantico, che si attaglia in modo particolare alla rude poesia del vecchio West; sul terreno del classico spirito di frontiera vince Hawks ai punti, sul terreno della pregnanza di simboli e segni, oltre che di puro discorso tecnico cinematografico, Zinnemann vince per K.O.

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High Noon (1952, USA, 85 min)

Rio Bravo (1959, USA, 141 min)

9 pensieri riguardo “Confronti: Mezzogiorno di fuoco vs. Un dollaro d’onore

  1. Al tempo del mio specialone sul “Cinema d’assedio” studiai “Rio Bravo” e i successivi pseudo-cloni di Hawkis – che il regista non volle mai considerare cloni, ovviamente! – amandoli profondamente. Il mio voto va dunque al prototipo della storia d’assedio, a John Wayne che – al contrario di High Noon – rifiuta l’aiuto dei cittadini e accetta solo un ubriacone, un ragazzino e un vecchietto. Cioè i più inutili.
    Quel grande film – di cui amo ancora il tema “My Rifle, Pony, and Me” – raccoglieva l’eredità delle storie d’assedio belliche che avevano dominato i cinema fino a quel momento e prepara la strada sia alle due grandi Z (Zombie e Zulu) che al capolavoro d’assedio di un regista che è sempre stato western nell’anima: John Carpenter. Nel Napoleone Wilson di “Distretto 13” ci ho sempre visto echi del Dean Martin di questo film, con quel grado di superiorità che permette all’anti-eroe della storia di fare l’indifferente di fronte al pericolo.
    E tutto questo grazie ad una storica autrice di fantascienza come Leigh Brackett, a dimostrazione che i bravi autori non conoscono genere 😉
    Insomma, si è capito che tifo per Rio Bravo ^_^

    1. In film del genere la theme song gioca un ruolo di primissimo piano, nel mio caso non mi è mai uscita dalla testa la ballata Do not forsake me oh my Darlin 😀
      Mi scriveresti il link allo specialone sul Cinema d’assedio?

      1. Scaricato il libro, di cui ti ringrazio, e messo in coda nel mio e-book reader… la storia del cinema d’assedio mi incuriosisce…

      2. Finito ora in treno. Rinnovo i complimenti e credo proprio che leggerò altri dei tuoi ebook perché scrivi davvero bene e con competenza e passione, approfondendo tutto ciò che dici senza però perderti in inutili lungaggini. Paolo devi assolutamente metterlo in coda alle tue letture!

  2. Anch’io preferisco “Mezzogiorno di fuoco”, perché devia dai canoni del machismo duro e puro e degli uomini di frontiera ma, soprattutto, per il crescendo di tensione favorito dallo scorrere del tempo reale in parallelo a quello della fiction. “Un dollaro d’onore” è tuttavia un ottimo film che, oltre ad avere John Wayne (<3), è complessivamente un prodotto riuscito e avvincente.

  3. Dovrei riguardarmeli ma dal tuo racconto penso di preferire decisamente Mezzogiorno di fuoco, non amo per nulla i duri e puri, anche a prescindere da una ragione del tutto emotiva e irrazionale che è la mia antipatia innata per John Wayne 🙂 (sorry)
    Bello il confronto, comunque!
    Buona serata
    Alexandra

Commenti

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