contemporary stuff: Dancer in the Dark, di Lars von Trier

Dancer_in_the_Dark_movie_posterI’ve seen what I was and I know what I’ll be, I’ve seen it all there is no more to see!

Con Dancer in the Dark Lars von Trier porta a compimento la sua seconda trilogia cinematografica. La prima, la Europa Trilogy, lo aveva fatto conoscere agli addetti ai lavori e agli appassionati. La seconda, la Golden Heart Trilogy, lo consacrerà invece come astro nascente della settima arte, la nuova speranza del cinema d’autore europeo. La costante delle sue prime sei opere per il grande schermo (in mezzo alle quali figura anche un film per la tv tratto da una sceneggiatura di Dreyer, Medea) è la partecipazione ai Festival di Cannes, che porta ad una vera e propria escalation di premi, connotati da una certa curiosa simmetria: il primo e il terzo film di ciascuna trilogia vincono un premio, via via sempre più prestigioso. 

Con L’elemento del crimine (1984) il regista danese porta a casa il Grand Prix tecnico; Europa (1991), il film che chiude l’omonima trilogia, si aggiudica il Premio della Giuria. La Golden Heart Trilogy inizia con il Grand Prix assegnato a Le onde del destino (1996) – uno dei film di Von Trier su cui è più largo il consenso – e termina proprio con Dancer in the Dark, che vince la Palma d’oro. Si tratta della nona Palma d’oro da noi selezionata per lo Speciale dedicato alla settantesima edizione del Festival di Cannes.

Dancer_in_the_Dark_movie_poster3Dancer in the Dark fa dunque parte di un trittico di film, la cosiddetta Trilogia del cuore d’oro, così chiamata per la generosità naif dei protagonisti, che si riscontra in almeno due pellicole su tre, la prima e la terza, ossia Le onde del destino e, appunto, Dancer in the Dark. Idioti, seconda opera della trilogia, ha invece ben poco a che spartire con le altre due, se non per ragioni meramente tecniche. Si tratta, infatti, del secondo film del Dogma 95, il movimento cinematografico fondato dallo stesso Von Trier e da un altro regista danese, Thomas Vinterberg. Molte delle regole codificate con rigore integralista nel manifesto e messe in pratica in Idioti vengono seguite anche in Dancer in the Dark, ma non tutte. A cominciare da quella che riguarda la musica, che il Dogma (il #2) ammetteva soltanto se diegetica. Dancer in the Dark contiene invece al suo interno larghi tratti di musical (un musical drammatico, ma pur sempre musical). Il danese fa e disfa, teorizza e poi si smentisce, come accadrà in Dogville, il film successivo in cui sconfesserà invece il Dogma #1, quello legato alla scenografia, con una scelta a suo modo geniale ed entrata nella storia del cinema. In Dancer in the Dark si mantengono soltanto le regole del Dogma relative alle luci (che regalano una fotografia sgranata ma realistica, quasi documentaristica) e quella sulla macchina da presa a mano, con il mal di mare che il suo prolungato uso comporta. Per questi aspetti, c’è da dire, i tre film della trilogia si somigliano molto.

Quanto al “cuore d’oro”, non è sicuramente un aspetto che caratterizza Idioti, a differenza di Le onde del destino e Dancer in the Dark, due pellicole che si somigliano davvero molto: la protagonista è, per entrambe le opere, una giovane donna caratterizzata da un’estrema generosità e da un’innocenza che spesso sfocia nell’ingenuità. Rispettivamente: la generosità e l’amore di Bess verso il marito; la generosità e l’amore di Selma verso il figlio. Un aspetto del loro carattere che condurrà le due donne ad una tragica fine. Eppure le differenze tra i due film ci sono: il religioso Le onde del destino si contrappone al laico Dancer in the Dark.

Selma Jezkova è una donna affetta da una patologia visiva ereditaria che l’ha ormai resa quasi del tutto cieca. Eppure non rinuncia alle sue passioni e ai suoi sogni (recitare in un musical) e a lavorare come una dannata con un solo obiettivo: guadagnare abbastanza denaro per consentire a suo figlio (che soffre della sua stessa malattia) di operarsi agli occhi per evitare – almeno lui – la cecità. È il motivo, del resto, che l’ha portata ad emigrare dalla Cecoslovacchia agli Stati Uniti. Peccato però che dovrà fare i conti con la malvagità degli uomini e con un destino amaro che si scaglierà contro di lei con tutte le forze, fino a condurla nel braccio della morte di un penitenziario.

Su questo intreccio tutto sommato semplice Von Trier costruisce un film struggente, tristissimo, in cui la caratterizzazione della protagonista occupa tutto lo spettro emotivo dello spettatore: l’ingenuità e la dolcezza di Selma, che rendono gli avvenimenti che le occorrono ineluttabili quasi per scelta; la sua passione per il musical, metafora canora del suo desiderio inconscio di fuga da una realtà sempre più dura, rappresentata prima dal lavoro in fabbrica, poi dall’avvicinarsi dell’esecuzione capitale.

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Strepitosa l’interpretazione della protagonista da parte della rockstar islandese Bjork, che tuttavia sul set ebbe aspri contrasti col regista, arrivando spesso alle soglie del crollo psicologico. Bjork, insieme a Von Trier, ha composto anche le canzoni in stile musical (o, come l’ha definito il regista, anti-musical), che prendono il via da suoni e rumori scenici che si tramutano in melodia. Non secondario l’apporto degli attori non protagonisti, tra cui Catherine Deneuve, che interpreta l’amica di Selma, e l’ottimo caratterista Peter Stormare.

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Dancer in the Dark (2000, Danimarca / Argentina / Finlandia / Francia / Germania / Islanda / Italia / Paesi Bassi / Norvegia / Spagna / Svezia / USA / Regno Unito, 140 min)

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Lars von Trier

Fotografia: Robby Müller

Musiche: Björk

Intepreti principali: Björk (Selma Jezkova), Catherine Deneuve (Kathy), David Morse (Bill Houston), Peter Stormare (Jeff), Joel Grey (Oldrich Novy), Cara Seymour (Linda Houston), Vladica Kostic (Gene Jezkova), Jean-Marc Barr (Norman)

12 pensieri riguardo “contemporary stuff: Dancer in the Dark, di Lars von Trier

  1. Sono tra quelli che evitano Trier come la peste. Ma un giorno o l’altro dovrò pur guadare sta palude

    1. da un lato ti capisco, perché alcuni suoi film mi hanno fatto imbestialire (es. Il grande capo, di cui ho parlato la settimana scorsa), mentre altri invece mi son piaciuti (Dogville, ad esempio, per me è grandioso)…
      non so quale tu abbia visto, se ne hai visto qualcuno di suo…
      secondo me potrebbe piacerti Le onde del destino…
      ti consiglio in ogni caso di vedere quello prima di Dancer in the Dark, perché preso da solo quest’ultimo è forse un pò forte…

  2. «Mr. von Trier, io la disprezzo!» . Mitica cara vecchia matta Bjork, che qui beh è eccezionale. Come non dimenticare poi il suo vestito da cigno alla cerimonia degli Oscar!
    L’intuizione delle canzoni che prendono vita ai rumori quotidiani è veramente ben riuscita, a me piace in particolare la sequenza musicale in fabbrica!
    Gran bel film, anche se per me il botto di Von Trier è Dogville ❤
    Kalos

    1. per la questioni dei rumori, se non la conosci già, ti propongo questa chicca da cinefili, che secondo me ha influenzato eccome Von Trier… si tratta di un film del 1932 di Rouben Mamoulian (Love Me Tonight – Amami stanotte), un vero colpo di genio di questo regista che crea una magia dei suoni con i rumori della città che si risveglia e si attiva… teniamo conto che il sonoro esisteva da soltanto 5 anni….

      1. affascinante! E direi anche all’avanguardia musicalmente in sé, suona come una vera composizione di rumori, dalle parti di Edgar Varése. Verso la fine addirittura ha un sapore elettronico. Aprezzatissima perla, grazie!
        Kalos

  3. Questa è stata la mia prima grande delusione di Von Trier, che fino a quel momento avevo venerato, anche attraverso i suoi primi film sperimentali che all’epoca Tele+ aveva ripescato e sottotitolato in italiano. La trama ridotta all’osso non me l’aspettavo da uno che, nel bene o nel male, cerca sempre di stupire con scelte di sceneggiatura mai banali: forse ha voluto puntare sull’ineluttabilità, ma a me è sembrata una trama base, quasi una roba semplice per puntare tutto sull’aspetto musical. (Che non mi è piaciuta minimanete, mal sopportando la cantante in questione.)
    Sull’angelo che si dona completamente fino a distruggersi Von Trier aveva detto tutto con “Le onde del destino”, qui non aveva assolutamente nulla da aggiungere e nulla ha aggiunto. Sono abbastanza sicuro di aver visto questo film al cinema – il primo che vedevo di Lars su grande schermo – e la delusione fu cocentissima. Gli ho voluto dare un’altra chance con Dogville, che se non ricordo male vidi anch’esso al cinema, ma anche lì ne sono uscito così indispettito che ho cancellato Von Trier per anni dalla mia memoria. Mi ci sono un po’ riavvicinato con “Le cinque variazioni”, ma in generale ormai lo considero un animale da festival che cerca di scandalizzare per il solo gusto di scandalizzare, non perché ci sia un discorso sotto.
    Di solito i “giochi tecnici” di Lars – se non sbaglio Dancer è stato fra i primissimi film a venir girati interamente in digitale – corrispondevano anche ad una trama corposa, quindi veneravo quest’autore capace di raccontare storie che tolgono il fiato con una visione cinematografica da applauso. Per questo poi mi ha deluso tantissimo…
    Per finire, me l’immagino la tensione sul set, con due egomaniaci come Lars e Bjork: la cantante è fortunata ad essere ancora viva 😀 Dai “dietro le quinte” di “Idioti” ricordo un Lars dittatoriale ai livelli da denuncia: non vuole il massimo dai suoi attori, vuole TUTTO da loro! Mi spiace per gli attori, ma come spettatore ho solo da guadagnarci…

    1. ti capisco, del resto la prima volta che lo vidi (Dancer intendo) anch’io ne uscii frastornato e infastidito… poi gli ho ridato una chance dopo aver visto Le onde del destino (che invece non avevo ancora guardato nella prima occasione) e ci ho trovato, come dire, una “progressione di intenti”, del resto immanente all’idea della trilogia (anche se reputo il primo superiore)… l’ho diciamo rivalutato e questa questione del musical tragico non mi è poi così dispiaciuta… come ad esempio ti dirò che Dogville mi è piaciuto, mentre ad esempio Antichrist mi ripugna… de gustibus, del resto… ciò che è certo è che i film di Von Trier dividono e fanno emergere un giudizio netto, della serie o è + o è -… e secondo me è impossibile – presi dieci suoi film – trovare due persone per cui coincidano gli stessi + e gli stessi -….
      oddio, alla fine per una questione statistica li troverai, ma penso sia davvero difficile…

      1. Antichrist, che sei andato a ricordarmi… L’avevo totalmente rimosso dalla mente 😀 Non l’ho minimamente capito, ma in realtà non mi interessava neanche sforzarmi: ero diciamo uno spettatore ostile 😛
        Magari a distanza di vent’anni dovrei rivedere Dancer, ma il fastidio provato all’epoca è ancora vivo e mi blocca. Da un certo punto di vista è comunque un risultato, perché la maggior parte dei film che non ti piacciono ti scorrono via e basta, mentre questo mi infastidisce a vent’anni di distanza!
        Anche Dogville dovrei rivedermi, ma proprio non ho capito se ci fosse altro da una storiella semplice incastrata in un bell’esperimento di scenografia. Sbaglio o hanno fatto pure un Dogville 2? Ormai mi rifiutavo di seguire la carriera di Lars quindi non ho mai indagato…
        Preferisco ricordare quanto sono stato male ed estasiato allo stesso tempo la prima volta che ho visto la sua Medea, che considero uno dei più grandi capolavori del cinema, in assoluto! Non so più quante volte l’ho rivisto e ogni volta mi distrugge allo stesso modo…

      2. Sì Manderlay… Invece io non ho mai visto Medea, ma a questo punto da come ne parli devo assolutamente recuperarlo! Ricordo solo che è tratto da una sceneggiatura di Dreyer e da un soggetto, beh, che lo dico a fare…😁😁😉

      3. La sceneggiatura è perfetta in ogni parola – era un lavoro preparato da Dreyer prima di morire ma non so quanto rimaneggiato dal giovane Lars – e la resa scenica è da sturbo ad ogni singola immagine. Non c’è una sola scena scontata, non c’è una sola sequenza che non ti colpisca al cuore (o allo stomaco) e il finale… quel finale non può non dilaniarti il cuore…
        Essendo un capolavoro è inedito in Italia, ma è meglio: mentre lo vedi scopri che il danese ti entra dentro e non riuscirei a concepire un eventuale doppiaggio italiano.

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